Disturbi Depressivi Altri Specificati E Non Specificati (ex Disturbo Depressivo NAS)
I Disturbi Depressivi Altri Specificati e Non Specificati rappresentano una categoria diagnostica prevista dal DSM-5 per inquadrare quelle condizioni cliniche in cui sono presenti sintomi depressivi significativi, ma che non soddisfano pienamente i criteri per una delle sindromi depressive codificate (come il Disturbo Depressivo Maggiore, la Distimia o il Disturbo Disforico Premestruale). Questa categoria ha sostituito, nel DSM-IV-TR, la definizione di Disturbo Depressivo Non Altrimenti Specificato (NAS), un'etichetta ancora ampiamente utilizzata nella pratica clinica quotidiana.
Il DSM-5 distingue due sottocategorie all'interno di questa definizione generale:
Disturbo depressivo altro specificato: quando il clinico sceglie di indicare il motivo per cui i criteri completi non sono soddisfatti (ad esempio, durata insufficiente, numero insufficiente di sintomi).
Disturbo depressivo non specificato: usato quando il clinico non desidera o non è in grado di specificare il motivo della mancata soddisfazione dei criteri diagnostici completi, o quando mancano informazioni sufficienti (es. contesti d’urgenza).
Entrambe le etichette sono appropriate solo quando il quadro clinico è chiaramente depressivo e determina una significativa compromissione del funzionamento globale della persona.
Eziologia
L’eziologia dei disturbi depressivi non tipici rispecchia quella delle forme maggiori e strutturate, e può essere ricondotta all’interazione tra molteplici fattori:
Fattori genetici, con predisposizione familiare più o meno marcata.
Alterazioni neurochimiche, in particolare a carico dei sistemi serotoninergico, noradrenergico e dopaminergico.
Disfunzioni dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA), con alterazioni del cortisolo e della regolazione dello stress.
Squilibri neuroendocrini, come nell’ipotiroidismo o nelle disfunzioni gonadiche.
Fattori psicologici e traumatici, soprattutto durante l’infanzia e l’adolescenza.
Patogenesi e fisiopatologia
Le forme depressive atipiche o sub-sindromiche si ritiene derivino da alterazioni più lievi, ma croniche e pervasive, delle vie neurobiologiche coinvolte nella regolazione del tono dell’umore. Le principali alterazioni riscontrate comprendono:
Disregolazione del sistema limbico e della corteccia prefrontale mediale.
Ridotta attività dei circuiti dopaminergici mesolimbici (motivazione e gratificazione).
Queste anomalie si traducono clinicamente in un funzionamento emotivo instabile, vulnerabile allo stress e incline a fluttuazioni tonali anche minime, che tuttavia possono interferire in modo significativo con la qualità della vita del paziente.
Procedo ora con il Blocco 2, che includerà: fattori di rischio, manifestazioni cliniche e criteri diagnostici.
Fattori di rischio
I disturbi depressivi altri specificati e non specificati condividono molti dei fattori di rischio noti per i disturbi dell’umore più strutturati, pur in assenza di quadri sindromici completi. Tra i principali:
Familiarità per disturbi dell’umore, specie di tipo depressivo o bipolare.
Eventi stressanti recenti o cronici (lutti, separazioni, malattie, traumi relazionali).
Comorbidità psichiatriche, come disturbi d’ansia, disturbi di personalità (soprattutto borderline) o disturbi del comportamento alimentare.
Stili di attaccamento insicuro e difficoltà nella regolazione emotiva.
Alcune condizioni mediche croniche, come neoplasie, disturbi endocrini o malattie neurologiche.
Manifestazioni cliniche
Le forme sub-sindromiche depressive sono estremamente eterogenee. La sintomatologia è simile a quella dell’episodio depressivo maggiore, ma in misura attenuata o con criteri incompleti. I pazienti possono lamentare:
Umore depresso persistente o fluttuante
Facile affaticabilità e ridotta energia
Perdita di interesse o piacere nelle attività abituali
Disturbi del sonno o dell’appetito
Scarsa autostima, indecisione, senso di vuoto o di inutilità
In alcune forme, come la disforia premestruale o la depressione breve ricorrente, la sintomatologia può presentarsi con pattern temporali specifici. Talvolta prevalgono l’ansia, l’irritabilità o la labilità affettiva più che il tono dell’umore depresso in senso stretto.
Diagnosi e criteri diagnostici
Il DSM-5 prevede che si utilizzi la dicitura “disturbo depressivo altro specificato” quando il clinico vuole comunicare con precisione il motivo per cui i criteri per un disturbo depressivo maggiore, distimico o altro non sono soddisfatti. Alcuni esempi di presentazioni cliniche comprendono:
Depressione ricorrente breve: episodi di umore depresso di durata compresa tra 2 e 13 giorni, che si verificano almeno una volta al mese per 12 mesi consecutivi.
Depressione minore: episodi depressivi con durata superiore a 2 settimane, ma con meno di 5 sintomi (quindi non soddisfa i criteri per episodio depressivo maggiore).
Disturbo disforico premestruale attenuato: sintomi disforici nella fase luteinica del ciclo mestruale, ma con criteri incompleti rispetto alla forma piena.
Depressione post-psicotica della schizofrenia: episodio depressivo che insorge dopo la remissione di una fase psicotica, senza soddisfare tutti i criteri del disturbo depressivo maggiore.
Quando invece non si vuole o non si può specificare la forma clinica, si ricorre alla categoria “disturbo depressivo non specificato”, tipica dei contesti di pronto soccorso psichiatrico, valutazioni incomplete, contesti transculturali complessi o presentazioni atipiche.
Trattamento, prognosi e complicanze
Il trattamento dei disturbi depressivi altri specificati e non specificati si fonda su un approccio personalizzato, tenendo conto della gravità, della cronicità, dell’impatto funzionale e della presenza di comorbidità. In assenza di linee guida specifiche, ci si basa sui principi applicati agli episodi depressivi maggiori, con le dovute adattamenti:
Terapia psicologica: è spesso il primo approccio raccomandato, soprattutto nelle forme lievi o sub-soglia. Le tecniche più efficaci includono la cognitivo-comportamentale, la interpersonale, e la mindfulness-based therapy.
Terapia farmacologica: può essere indicata in caso di elevato impatto funzionale, comorbidità ansiosa significativa o fallimento della sola psicoterapia. I farmaci di scelta includono SSRI, SNRI o antidepressivi atipici come la bupropione. Nelle forme cicliche può essere utile anche lo stabilizzatore dell’umore.
Psicoeducazione: è fondamentale per il riconoscimento precoce dei sintomi, la gestione delle ricadute e l’aderenza terapeutica.
Strategie integrative: esercizio fisico regolare, igiene del sonno e supporto familiare hanno dimostrato efficacia nel migliorare l’outcome clinico.
La prognosi è generalmente favorevole nelle forme transitorie e contestuali, ma può complicarsi in caso di:
cronicizzazione del disturbo nel tempo (es. evoluzione in distimia o in disturbo depressivo maggiore cronico)
frequente ricorrenza degli episodi (specie nella depressione breve ricorrente)
presenza di comorbidità con disturbi di personalità, d’ansia o abuso di sostanze
Un aspetto da considerare è che questi disturbi possono rappresentare una forma prodromica o attenuata di quadri affettivi maggiori, in particolare del disturbo bipolare (soprattutto tipo II). È quindi cruciale monitorare l’evoluzione clinica nel tempo.
Le principali complicanze dei disturbi depressivi altri specificati e non specificati includono:
Progressione verso forme depressive maggiori, soprattutto se i sintomi sono persistenti e sottovalutati
Funzionamento sociale, scolastico e lavorativo compromesso, anche in assenza di criteri pieni per un episodio maggiore
Aumentato rischio suicidario, soprattutto nei soggetti con depressione cronica attenuata e sentimenti di vuoto e disperazione
Comorbidità con disturbi ansiosi, somatoformi o di personalità, che possono rendere più difficile l’inquadramento e la risposta terapeutica
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