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Sali di litio

I sali di litio sono tra i trattamenti più antichi e scientificamente validati nella storia della psichiatria moderna. Introdotti negli anni Cinquanta, rappresentano ancora oggi il gold standard nella profilassi del disturbo bipolare, e si sono dimostrati efficaci anche nella depressione maggiore resistente e nella prevenzione del suicidio.

A differenza degli antidepressivi, che agiscono su sintomi specifici, e degli antipsicotici, che modulano prevalentemente l’attività dopaminergica, il litio si configura come un regolatore dell’umore, capace di stabilizzare a lungo termine le oscillazioni affettive e di agire su meccanismi neurobiologici profondi.

Meccanismo d’azione

Il litio esercita i suoi effetti attraverso una serie di meccanismi complessi, che coinvolgono sia la neurotrasmissione sia i processi intracellulari. Uno degli effetti più significativi è l’inibizione dell’enzima glicogeno sintasi chinasi-3β (GSK-3β), coinvolto nella regolazione dell’espressione genica, della neuroplasticità e della neurogenesi. L’inibizione di GSK-3β aumenta l’espressione di fattori neurotrofici come BDNF, migliora la sopravvivenza neuronale e favorisce l’adattamento allo stress cronico.


A livello sinaptico, il litio modula la trasmissione glutamatergica, riducendo l’eccesso di attività eccitatoria che caratterizza le fasi acute del disturbo bipolare. Questo effetto neuroprotettivo contribuisce a prevenire danni neuronali e a ristabilire l’equilibrio tra inibizione e attivazione nei circuiti cerebrali regolatori dell’umore. Inoltre, potenzia la trasmissione serotoninergica e modula quella dopaminergica, agendo su circuiti limbici e fronto-striatali implicati nella regolazione dell’impulsività, della motivazione e del tono affettivo.


Questa azione integrata consente al litio di prevenire sia gli episodi maniacali che quelli depressivi, di ridurre il rischio di recidive e di agire in profondità sulla vulnerabilità affettiva di fondo, contribuendo anche al contenimento dell’aggressività auto-diretta e della suicidarietà.

Indicazioni terapeutiche e posologia

Il litio trova indicazione primaria nella profilassi del disturbo bipolare, sia nel tipo I che nel tipo II. La sua capacità di ridurre il rischio di recidive è ben documentata e riguarda tanto gli episodi maniacali quanto quelli depressivi. Il range terapeutico consigliato per la prevenzione è compreso tra 0,6 e 0,8 mmol/L, mantenuto stabilmente con una titolazione attenta. Il dosaggio iniziale varia generalmente da 300 a 600 mg al giorno, suddiviso in due o tre somministrazioni, con adattamento progressivo in base alla litiemia.


Nelle fasi maniacali acute, il litio può essere utilizzato come monoterapia o in combinazione con antipsicotici, raggiungendo concentrazioni plasmatiche comprese tra 0,8 e 1,2 mmol/L. L’effetto terapeutico compare in genere entro 7–10 giorni. Nei quadri particolarmente agitati, è utile l’associazione con sedativi nelle prime fasi.


Nella depressione maggiore resistente, il litio è ampiamente utilizzato come strategia di potenziamento (augmentation). È indicato nei pazienti che non hanno risposto ad almeno due antidepressivi a dosaggio e durata adeguati. L’efficacia compare spesso entro 1–3 settimane dall’introduzione, anche a dosaggi inferiori rispetto a quelli usati nel disturbo bipolare. In questi casi, il range terapeutico ottimale è compreso tra 0,4 e 0,8 mmol/L. La sua utilità è particolarmente evidente in presenza di anergia, apatia, rallentamento psicomotorio e ideazione suicidaria.


Un’ulteriore indicazione formalmente riconosciuta è la prevenzione del suicidio. Il litio è l’unico farmaco per il quale sia stata dimostrata una riduzione specifica della mortalità suicidaria, con effetti stabili nel tempo e osservabili anche in pazienti unipolari. Il livello plasmatico associato a tale effetto è generalmente ≥ 0,6 mmol/L. Questo effetto sembra essere indipendente dalla risposta clinica depressiva e si associa a una riduzione dell’impulsività e dell’aggressività disforica.


Infine, il litio può trovare impiego nei disturbi schizoaffettivi, nei disturbi della regolazione affettiva impulsiva e in alcune forme di disturbo borderline di personalità con rischio suicidario elevato. In questi contesti, l’efficacia è spesso legata alla capacità del litio di stabilizzare le oscillazioni affettive e contenere gli agiti impulsivi.

Effetti collaterali, tossicità e monitoraggio

Il litio è un farmaco generalmente ben tollerato, ma richiede una gestione clinica attenta e un monitoraggio regolare, a causa della sua finestra terapeutica ristretta e della possibile comparsa di effetti avversi dose-dipendenti o cumulativi. Gli effetti collaterali più comuni derivano dall’interazione del litio con organi particolarmente sensibili alla sua azione osmotica, endocrina e neurotrasmettitoriale.


Uno degli effetti più frequenti è la poliuria associata a polidipsia, conseguenza dell’inibizione della capacità dei tubuli renali di rispondere all’ormone antidiuretico (ADH). Questo meccanismo induce una forma acquisita di diabete insipido nefrogenico, con perdita di acqua libera e aumento della diuresi. Nei casi cronici, il rischio è quello di una progressiva riduzione della capacità di concentrare le urine, con rischio di disidratazione soprattutto negli anziani o in pazienti trattati con diuretici.


Il litio può interferire anche con l’, inibendo il rilascio degli ormoni tiroidei e alterando la risposta all’ormone tireostimolante (TSH). Questo effetto si traduce spesso in un ipotiroidismo subclinico o manifesto, più frequente nel sesso femminile e nei trattamenti a lungo termine. La comparsa di astenia, aumento di peso o rallentamento psicomotorio deve sempre indurre a controllare la funzione tiroidea.


Altro effetto comune, spesso precoce e dose-correlato, è il tremore fine posturale, legato a un’alterazione della trasmissione dopaminergica e al bilancio ionico intracellulare nei neuroni motori. Questo sintomo è in genere benigno e può essere ben controllato con β-bloccanti come il propranololo.


Il litio può inoltre causare aumento ponderale, per una combinazione di ritenzione idrica, alterazioni metaboliche e ridotta attività tiroidea. In alcuni casi si osservano disturbi cognitivi lievi, come difficoltà di concentrazione o rallentamento ideativo, solitamente reversibili con la riduzione della dose.


La tossicità acuta si verifica generalmente in seguito a sovradosaggio, disidratazione o interazioni farmacologiche (soprattutto con FANS, ACE-inibitori, diuretici tiazidici). I sintomi iniziali comprendono nausea, vomito, diarrea, seguiti da tremore grossolano, disartria, atassia, confusione mentale. Nei casi gravi possono manifestarsi crisi epilettiche, aritmie e coma. Concentrazioni plasmatiche superiori a 1,5 mmol/L richiedono attenta valutazione clinica; valori superiori a 2 mmol/L rappresentano una condizione potenzialmente pericolosa e possono indicare la necessità di emodialisi.


La tossicità cronica si sviluppa lentamente nel tempo, in particolare nei trattamenti pluriennali, ed è correlata al danno tubulo-interstiziale renale. Questo può condurre a una progressiva nefropatia cronica, spesso subclinica nelle fasi iniziali, ma irreversibile. Il rischio aumenta con la durata della terapia, l’età avanzata e l’uso concomitante di altri farmaci nefrotossici.


Per prevenire complicanze e gestire gli effetti collaterali in modo precoce, è essenziale un monitoraggio clinico e laboratoristico regolare. I principali parametri da controllare sono:


Il rispetto di questi protocolli di monitoraggio consente di usare il litio in modo efficace e sicuro, massimizzandone i benefici e riducendo al minimo i rischi a breve e lungo termine. Una buona alleanza terapeutica con il paziente è fondamentale per garantire l’aderenza al trattamento e prevenire le complicanze potenzialmente gravi legate a un uso inadeguato.

Considerazioni finali

Nonostante l’arrivo di numerosi psicofarmaci di seconda e terza generazione, il litio rimane uno strumento terapeutico insostituibile nella pratica psichiatrica. La sua efficacia nel disturbo bipolare è superiore a quella di qualsiasi altro stabilizzatore dell’umore, con una capacità unica di prevenire sia le ricadute maniacali che quelle depressive.


Ancora più rilevante è l’evidenza della sua azione preventiva sul rischio suicidario, un effetto che nessun altro farmaco psicotropo ha dimostrato con pari robustezza. Inoltre, nella depressione resistente, il litio rappresenta un’opzione di potenziamento altamente efficace, soprattutto nei pazienti con tratti affettivi instabili o risposta parziale ad antidepressivi.


Il suo impiego richiede certamente monitoraggio, esperienza clinica e comunicazione attiva con il paziente, ma i benefici che può offrire, soprattutto nei quadri più gravi e refrattari, giustificano ampiamente il rigore della gestione terapeutica. In mani esperte, il litio non è soltanto un farmaco, ma un alleato prezioso nella cura della sofferenza psichica cronica.

Tabella riassuntiva

Indicazione Range terapeutico (mmol/L) Note cliniche principali
Disturbo bipolare – profilassi 0,6 – 0,8 Gold standard per la prevenzione delle ricadute
Episodio maniacale acuto 0,8 – 1,2 Effetto progressivo, utile anche in associazione
Depressione resistente (augmentation) 0,4 – 0,8 Efficace su anergia, apatia e ideazione suicidaria
Prevenzione del suicidio ≥ 0,6 Riduzione significativa del rischio suicidario
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