La depressione senile rappresenta una delle patologie psichiatriche più comuni nella popolazione anziana, con una prevalenza stimata intorno al 15-20% tra gli over 65 anni. Si configura come un disturbo dell’umore che può assumere manifestazioni tipiche o atipiche rispetto alla depressione dell’adulto, spesso mascherato da sintomi somatici o da alterazioni cognitive, rendendone più complessa la diagnosi. Pur condividendo molti elementi clinici con le forme depressive di altre età, la depressione nell’anziano presenta caratteristiche proprie legate alla senescenza, alla multimorbilità, alla vulnerabilità psicologica e all’isolamento sociale. In letteratura viene anche denominata depressione dell’età avanzata o depressione geriatrica.
Eziologia e fattori di rischio
Le cause della depressione senile sono multifattoriali e spesso si intrecciano tra loro. I principali fattori eziologici includono:
Preesistenza di disturbi depressivi: in circa la metà dei casi si tratta di recidive di episodi depressivi precedenti, insorti in età adulta e riattivati nella senescenza da fattori stressanti o organici.
Esordio tardivo: in altri casi l’episodio depressivo insorge per la prima volta nella terza età, spesso in assenza di una storia psichiatrica precedente.
Comorbidità somatiche: molte malattie croniche (cardiopatie, BPCO, diabete, ictus, neoplasie) sono associate a un aumentato rischio di depressione, sia per cause biologiche (infiammazione cronica, neurodegenerazione) che psicologiche (impatto sull’autonomia).
Assunzione di farmaci: alcuni principi attivi utilizzati in età avanzata (beta-bloccanti, corticosteroidi, benzodiazepine, antiparkinsoniani) possono indurre o esacerbare sintomi depressivi.
Fattori psicosociali: lutti, pensionamento, isolamento, solitudine, perdita del ruolo sociale, decadimento economico, senso di inutilità e bassa autostima contribuiscono all’instaurarsi del quadro depressivo.
La depressione senile si sviluppa più frequentemente in presenza di condizioni predisponenti che non ne rappresentano la causa diretta, ma aumentano la vulnerabilità psicologica e biologica del soggetto anziano. I principali fattori di rischio sono:
Età avanzata: con l’incremento dell’età aumenta il rischio di eventi critici, patologie croniche e isolamento sociale.
Precedenti episodi depressivi: rappresentano un importante fattore di rischio per recidiva, anche a distanza di decenni.
Comorbilità organiche: le malattie cardiovascolari, respiratorie, metaboliche, neurologiche e oncologiche espongono maggiormente alla depressione, in particolare se associate a disabilità.
Solitudine e perdita del partner: il lutto, specie se improvviso o non elaborato, costituisce un fattore precipitante rilevante.
Disfunzioni cognitive lievi (MCI): il declino cognitivo può ridurre le capacità adattative e aumentare la percezione di inefficacia personale.
Supporto familiare inadeguato: relazioni conflittuali, trascuratezza, istituzionalizzazione precoce o abbandono sociale amplificano la percezione di inutilità e fragilità.
Storia familiare di disturbi dell’umore: pur avendo minore rilevanza rispetto alle forme giovanili, la familiarità resta un elemento da indagare.
Patogenesi e Fisiopatologia
Dal punto di vista fisiopatologico, la depressione senile condivide meccanismi comuni alle altre forme depressive, ma presenta alcune peculiarità legate all’età. Alla base del disturbo vi è una diminuzione dell’attività dei sistemi monoaminergici centrali (serotoninergico, noradrenergico e dopaminergico), con ridotta disponibilità di neurotrasmettitori a livello sinaptico.
Con l’età avanzata si osservano inoltre modificazioni neurobiologiche che aumentano la vulnerabilità allo sviluppo del disturbo, tra cui:
Atrofia dell’ippocampo e di altre strutture limbiche coinvolte nella regolazione dell’umore
Riduzione della neuroplasticità, con alterata capacità di adattamento agli stress
Iperattivazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene e ipercortisolemia cronica
Disfunzione dei circuiti fronto-subcorticali, in particolare nei quadri con esordio tardivo e compromissione cognitiva
Un ruolo rilevante è svolto anche da fattori infiammatori sistemici: la cosiddetta neuroinfiammazione dell’invecchiamento sembra favorire l’insorgenza e il mantenimento del disturbo attraverso l’attivazione cronica della microglia e l’alterazione della permeabilità emato-encefalica. La carenza di supporti ambientali ed affettivi può infine amplificare le vulnerabilità biologiche, favorendo lo sviluppo di un circolo vizioso tra disfunzione cerebrale e decadimento psicosociale.
Manifestazioni Cliniche
Il quadro clinico della depressione nell’anziano può essere sovrapponibile a quello dell’adulto, ma spesso assume forme atipiche o somatizzate. In molti casi, infatti, il soggetto non riferisce tristezza o umore deflesso, ma lamenta disturbi fisici vaghi, perdita di energia e sensazione di rallentamento generale. I sintomi più frequenti includono:
Umore depresso, spesso non verbalizzato ma evidente da tono di voce, mimica facciale, atteggiamento corporeo
Irritabilità e ansia, talvolta predominanti
Astenia, perdita di interesse, anedonia
Disturbi del sonno: insonnia iniziale, centrale o terminale, oppure ipersonnia
Riduzione dell’appetito e perdita di peso
Disturbi cognitivi: deficit di attenzione, concentrazione e memoria, spesso scambiati per demenza (pseudo-demenza depressiva)
Disturbi somatici aspecifici: dolori migranti, senso di oppressione toracica, cefalee, parestesie, stipsi
Ideazione suicidaria: spesso sottostimata, ma presente fino al 30% dei casi
Nei casi più gravi possono emergere deliri di rovina, colpa, indegnità o allucinazioni congrue con l’umore, come voci accusatorie o catastrofiche. Il rischio suicidario è elevato, soprattutto nei soggetti maschi, vedovi o isolati socialmente. A differenza degli adulti, l’anziano raramente manifesta intenzioni suicidarie in modo esplicito, rendendo la prevenzione particolarmente difficile.
Diagnosi
La diagnosi della depressione senile è prevalentemente clinica e richiede un’anamnesi dettagliata, un’osservazione attenta del comportamento e un ascolto empatico dei vissuti riferiti. La valutazione deve indagare in particolare l’eventuale perdita di interesse, le modificazioni comportamentali recenti, l’appetito, il sonno, la percezione di sé e del futuro, la presenza di ansia, somatizzazioni e disturbi cognitivi.
Pur presentando alcune peculiarità sintomatologiche, i distrurbi depressivi dell'anziano si diagnosticano con gli stessi criteri del DSM visti nelle pagine precedenti, cui si rimanda (Disturbo Depressivo Maggiore, Disturbi Bipolari)
È inoltre importante distinguere la depressione da altre condizioni che ne mimano i sintomi o la accompagnano, come:
Demenza incipiente: nella pseudo-demenza depressiva il paziente è consapevole del deficit e tende a sottolinearlo, a differenza della demenza vera
Declino cognitivo fisiologico: non causa significativo disagio soggettivo o perdita funzionale
Disturbi somatici primari: spesso coesistono ma non giustificano da soli il quadro depressivo
A tale scopo Utili strumenti di supporto diagnostico includono:
Geriatric Depression Scale (GDS): validata anche in forma breve (15 item), utile per screening
Mini-Mental State Examination (MMSE): per la valutazione cognitiva di base
Inventari specifici dell’umore: come il Beck Depression Inventory, con cautela in soggetti con deficit sensoriali
Nei casi dubbi, la valutazione multidimensionale geriatrica e il consulto psichiatrico possono chiarire la diagnosi e orientare il trattamento.
Trattamento, prognosi e complicanze
Il trattamento della depressione senile richiede un approccio integrato e personalizzato, che tenga conto della fragilità dell’anziano, delle comorbidità somatiche e del contesto familiare. La psicoterapia costituisce il primo livello di intervento nelle forme lievi o moderate, mentre nei quadri più severi è spesso necessario associare una farmacoterapia antidepressiva.
Tra le terapie psicologiche, le più efficaci sono:
Terapia cognitivo-comportamentale: particolarmente utile per correggere pensieri disfunzionali e schemi depressivi automatici
Terapia interpersonale: efficace nei casi in cui prevalgano problemi relazionali, lutti non elaborati o isolamento
Psicoterapia di sostegno: nei soggetti con ridotta insight o capacità di introspezione
Il coinvolgimento della famiglia è fondamentale per rinforzare il supporto affettivo e migliorare l’aderenza terapeutica. Le attività di gruppo, la stimolazione cognitiva e le iniziative sociali hanno un ruolo preventivo e terapeutico importante.
La terapia farmacologica deve essere prescritta con attenzione, considerando la sensibilità aumentata agli effetti collaterali e le interazioni con altri farmaci. Gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI) sono di prima scelta per il loro buon profilo di tollerabilità, ma è raccomandato iniziare con dosaggi bassi e aumentare gradualmente. I triciclici sono generalmente evitati per il rischio di effetti anticolinergici, ipotensione ortostatica, aritmie e sedazione eccessiva.
Nei casi refrattari può essere indicata la stimolazione magnetica transcranica o, raramente, l’elettroshock (ECT), che resta una terapia efficace nei quadri gravi, psicotici o catatonici, sempre in ambiente protetto.
La prognosi della depressione senile dipende da numerosi fattori, tra cui la precocità della diagnosi, la gravità del quadro, la risposta al trattamento e la presenza di supporto sociale. In generale, con un trattamento adeguato, fino all’80% dei pazienti può andare incontro a remissione, anche se le ricadute sono frequenti, soprattutto in presenza di fattori organici persistenti.
Le forme ad esordio tardivo (late-onset) tendono ad avere un decorso più insidioso e una maggiore associazione con deficit cognitivi. La depressione non trattata si associa a peggioramento della qualità di vita, riduzione dell’autonomia funzionale, aumento della mortalità, sia per cause naturali che per suicidio.
Le complicanze della depressione senile sono numerose e spesso sottovalutate:
Suicidio: elevato nei soggetti anziani, soprattutto maschi vedovi o con patologie croniche
Declino cognitivo: la depressione può peggiorare le performance cognitive o mascherare una demenza sottostante
Cadute e incidenti domestici: per ridotta attenzione, rallentamento motorio e sonnolenza indotta dai farmaci
Malnutrizione e disidratazione: per perdita di appetito e trascuratezza di sé
Istituzionalizzazione precoce: nei soggetti non supportati adeguatamente a livello familiare
Un riconoscimento tempestivo e un trattamento adeguato riducono significativamente il rischio di complicanze e migliorano la prognosi globale.
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