Il disturbo bipolare I è un disturbo dell’umore caratterizzato dalla presenza di almeno un episodio maniacale nella vita del paziente, indipendentemente dalla presenza o meno di episodi depressivi maggiori. È la forma più rappresentativa e tipica del gruppo dei disturbi bipolari, un tempo indicato come “psicosi maniaco-depressiva”.
L'episodio maniacale, criterio cardine per la diagnosi, si manifesta con un’alterazione patologica dell’umore, in senso euforico o irritabile, accompagnata da iperattività psichica e motoria, che compromette significativamente il funzionamento globale dell’individuo. Nella maggior parte dei casi, il decorso del disturbo è episodico e ciclico, con alternanza tra fasi maniacali, depressive e intervalli di benessere più o meno prolungati.
Si distingue dal disturbo bipolare II per la gravità dell’alterazione dell’umore e per la presenza, appunto, di episodi maniacali veri e propri, assenti nella forma II.
Eziologia e fattori di rischio
L’eziologia del disturbo bipolare I è multifattoriale e complessa, con un'interazione tra predisposizione genetica e fattori ambientali. Non è possibile identificare una causa unica, ma si riconoscono i seguenti elementi:
Fattori genetici: la familiarità è uno dei determinanti principali. Il rischio di sviluppare il disturbo nei parenti di primo grado è circa 10 volte maggiore rispetto alla popolazione generale.
Alterazioni neurochimiche: squilibri nei sistemi dei neurotrasmettitori, in particolare dopamina, serotonina e norepinefrina, sono implicati nella genesi dei sintomi maniacali e depressivi.
Disfunzioni neuroendocrine: iperattività dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA) e alterazioni nella secrezione di cortisolo sembrano svolgere un ruolo rilevante.
Alterazioni della neuroplasticità: riduzione del BDNF (brain-derived neurotrophic factor) e modificazioni nella regolazione genica sono state associate all’evoluzione della malattia.
Disturbi del ritmo circadiano: disallineamenti nei ritmi sonno-veglia e nelle oscillazioni biologiche giornaliere sono frequenti nei pazienti bipolari e possono fungere sia da fattore predisponente che da trigger episodico.
Pur non rappresentando vere cause dirette, esistono diversi fattori che aumentano la probabilità di sviluppare il disturbo bipolare I:
Storia familiare di disturbo bipolare o altri disturbi dell’umore
Abuso di sostanze psicoattive, in particolare stimolanti come cocaina, amfetamine o cannabis
Eventi stressanti, soprattutto traumi emotivi gravi o prolungati durante l’infanzia o l’adolescenza
Disturbi del sonno cronici
Personalità affettivo-labile o con tratti impulsivi
Tali fattori non determinano l'insorgenza del disturbo, ma possono contribuire a scatenarne l’esordio in soggetti predisposti o a favorire le recidive in quelli già diagnosticati.
Manifestazioni cliniche e diagnosi
Il disturbo bipolare I si manifesta con episodi clinici ben definiti che si alternano a periodi di remissione più o meno completa. L’episodio maniacale è l’elemento diagnostico essenziale e si caratterizza per:
Umore anormalmente elevato, espansivo o irritabile, persistente per almeno una settimana, presente per la maggior parte del giorno e osservabile dagli altri
Aumento dell’attività finalizzata (lavorativa, sociale, sessuale) o agitazione psicomotoria
Autostima ipertrofica o deliri di grandezza
Diminuito bisogno di sonno (es. sentirsi riposati dopo poche ore)
Loquacità eccessiva, fuga delle idee, distraibilità
Comportamenti impulsivi e rischiosi, come spese eccessive, guida spericolata o condotte sessuali inappropriate
Quando il tono dell’umore è prevalentemente irritabile, la diagnosi richiede almeno quattro sintomi tra quelli elencati. L’episodio maniacale può insorgere improvvisamente e raggiungere rapidamente l’apice in pochi giorni, con durata variabile da alcune settimane a diversi mesi.
Oltre agli episodi maniacali, circa il 60-70% dei pazienti presenta anche episodi depressivi maggiori, con sintomi quali tristezza profonda, anedonia, disturbi del sonno e dell’appetito, rallentamento psicomotorio, pensieri di colpa e rischio suicidario.
Nei casi più gravi si possono osservare sintomi psicotici, con deliri congrui o incongrui all’umore, e forme di eccitamento così intense da richiedere ricovero urgente.
La diagnosi è di competenza psichiatrica e si basa sui criteri del DSM-5. È necessario che il paziente abbia avuto almeno un episodio maniacale nella vita, della durata minima di sette giorni o meno se ha richiesto ricovero, con compromissione marcata del funzionamento lavorativo, sociale o familiare.
I criteri diagnostici sono i seguenti:
Presenza di almeno un episodio maniacale: deve essere soddisfatto il criterio completo per un episodio maniacale, caratterizzato da umore anormalmente elevato, espansivo o irritabile per almeno una settimana, associato ad almeno tre sintomi specifici (quattro se l’umore è solo irritabile).
Impatto funzionale: l’episodio deve causare una marcata compromissione del funzionamento lavorativo, sociale o relazionale, oppure richiedere ospedalizzazione o essere associato a sintomi psicotici.
Esclusione di altre condizioni: l’episodio non deve essere dovuto agli effetti fisiologici di una sostanza (farmaci, droghe) o a una condizione medica generale (es. endocrinopatie, lesioni cerebrali).
Assenza di criteri esclusivi per altri disturbi dell’umore: la diagnosi non si applica se l’unico episodio presente è un episodio ipomaniacale o misto senza alcun episodio maniacale nel corso della vita (in tal caso si valutano Bipolare II o Ciclotimia).
Il percorso diagnostico include:
Colloquio clinico approfondito con ricostruzione della storia dei sintomi, andamento temporale e fattori scatenanti
Valutazione psicopatologica strutturata mediante scale come la Young Mania Rating Scale (YMRS)
Esclusione di cause organiche o indotte da sostanze attraverso esami ematochimici, tossicologici ed eventualmente neuroimaging
Coinvolgimento dei familiari, spesso fondamentali per ricostruire il comportamento del paziente nei periodi maniacali
Nei pazienti esordienti, la diagnosi può essere complessa: spesso l’episodio depressivo precede quello maniacale, portando a una diagnosi iniziale di depressione unipolare. È quindi essenziale una valutazione anamnestica attenta e dinamica nel tempo.
Trattamento, prognosi e complicanze
Il trattamento del disturbo bipolare I richiede una strategia a lungo termine che preveda sia la gestione della fase acuta sia la prevenzione delle ricadute. Si basa su:
Stabilizzatori dell’umore: il litio è il farmaco di riferimento, efficace sia nelle fasi maniacali che in prevenzione. Alternativi o complementari sono l’acido valproico, la carbamazepina e la lamotrigina (più efficace nella fase depressiva).
Antipsicotici atipici: olanzapina, quetiapina, aripiprazolo e risperidone sono frequentemente impiegati, specie in fase acuta o nei casi con sintomi psicotici.
Antidepressivi: vanno utilizzati con estrema cautela, sempre in associazione a uno stabilizzatore, per il rischio di indurre viraggi maniacali.
Psicoterapia: fondamentale per la psicoeducazione, il riconoscimento precoce dei sintomi prodromici e la gestione dello stress. Le più utili sono la terapia cognitivo-comportamentale e la terapia interpersonale.
Modifiche dello stile di vita: regolarizzazione del sonno, evitare sostanze eccitanti o psicotrope, attività fisica costante.
Nei casi più gravi può rendersi necessario il ricovero ospedaliero, talora in regime di TSO. L’aderenza terapeutica rappresenta una delle principali sfide, soprattutto nei pazienti che sperimentano una sensazione soggettiva di benessere nelle fasi maniacali.
Il decorso è altamente variabile: alcuni pazienti presentano lunghi periodi di remissione, altri manifestano episodi ricorrenti con scarsa restitutio ad integrum. L’esordio precoce, la frequenza degli episodi e la presenza di sintomi psicotici sono associati a prognosi peggiore.
La risposta al trattamento può essere buona se l’intervento è tempestivo e personalizzato, ma è comune la necessità di trattamento a vita. L’aderenza terapeutica è determinante per prevenire recidive e ridurre l’impatto funzionale della malattia.
Le principali complicanze del disturbo bipolare I includono:
Suicidio: rischio elevato soprattutto nelle fasi depressive o di viraggio
Abuso di sostanze: frequente comorbidità che aggrava il decorso
Compromissione socio-lavorativa: difficoltà a mantenere relazioni stabili o un impiego continuativo
Declino cognitivo: in alcuni pazienti si osservano alterazioni mnesiche e disfunzioni esecutive a lungo termine
Il riconoscimento e la gestione tempestiva delle complicanze rappresentano un elemento cruciale per il miglioramento dell’outcome e della qualità della vita.
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