Il disturbo bipolare II è un disturbo dell’umore caratterizzato dall’alternanza di almeno un episodio depressivo maggiore e almeno un episodio ipomaniacale, in assenza di episodi maniacali. È considerato una forma meno “eclatante” rispetto al disturbo bipolare I, ma non per questo meno grave: la sofferenza soggettiva e l’impatto funzionale a lungo termine possono essere anche superiori, a causa della maggiore durata e frequenza delle fasi depressive.
Spesso misconosciuto o diagnosticato tardivamente, il disturbo bipolare II si colloca all’interno dello spettro bipolare, ed è distinto dalla ciclotimia per la gravità e la durata degli episodi. La diagnosi richiede un’attenta valutazione clinica e differenziale, poiché l’episodio ipomaniacale può essere scambiato per un momento di benessere o iperfunzionalità.
Eziologia e fattori di rischio
L’eziologia del disturbo bipolare II è multifattoriale e sovrapponibile, per molti aspetti, a quella del disturbo bipolare I, con alcune specificità:
Fattori genetici: la familiarità è elevata, con una forte aggregazione familiare per disturbi dell’umore. Studi su gemelli suggeriscono un’ereditabilità stimata intorno al 70%.
Alterazioni neurotrasmettitoriali: le fluttuazioni nei livelli di serotonina, dopamina e noradrenalina sono implicate sia nelle fasi depressive che ipomaniacali.
Dismodulazione del ritmo circadiano: è stato dimostrato che alterazioni del ciclo sonno-veglia contribuiscono a scatenare episodi ipomaniacali e depressivi.
Neuroinfiammazione e neuroplasticità: vi è evidenza di modificazioni neuroanatomiche (riduzione del volume dell’amigdala, alterazioni nella corteccia prefrontale) e alterazioni del BDNF, simili a quanto riscontrato nei disturbi depressivi maggiori.
I principali fattori di rischio per lo sviluppo del disturbo bipolare II includono:
Storia familiare di disturbo bipolare, soprattutto tipo II o disturbi dell’umore con ciclicità
Esordio precoce della depressione, in particolare in età adolescenziale
Disturbo depressivo maggiore ricorrente non responsivo alla terapia antidepressiva
Uso di antidepressivi non stabilizzati, che può slatentizzare un episodio ipomaniacale in soggetti predisposti
Storia di disturbi del sonno, abuso di sostanze o eventi stressanti cronici
Spesso la diagnosi è posta tardivamente perché l’episodio ipomaniacale non è riconosciuto come patologico né dal paziente né dai familiari, venendo scambiato per una fase “buona” o particolarmente produttiva.
Manifestazioni cliniche e diagnosi
Il disturbo bipolare II si manifesta clinicamente con l’alternanza di episodi depressivi maggiori e episodi ipomaniacali. L’assenza di episodi maniacali distingue nettamente questa forma da quella di tipo I.
L’episodio depressivo maggiore presenta le caratteristiche descritte nella relativa sezione (vedi qui): umore depresso, anedonia, alterazioni del sonno e dell’appetito, ideazione suicidaria, rallentamento o agitazione psicomotoria, senso di colpa, ecc. Questi episodi rappresentano la componente clinicamente più invalidante e più frequente nel decorso del disturbo.
Per la diagnosi di Disturbo Bipolare II, secondo il DSM-5, è necessaria la presenza di almeno un episodio depressivo maggiore e almeno un episodio ipomaniacale, in assenza totale di episodi maniacali.
I criteri diagnostici sono i seguenti:
Presenza di almeno un episodio depressivo maggiore: devono essere soddisfatti i criteri per un episodio depressivo maggiore, con durata di almeno due settimane e impatto significativo sul funzionamento della persona.
Presenza di almeno un episodio ipomaniacale: devono essere soddisfatti i criteri per un episodio ipomaniacale, della durata di almeno quattro giorni, con sintomi simili a quelli dell’episodio maniacale ma di entità più lieve e senza compromissione marcata del funzionamento.
Assenza di episodi maniacali: non devono mai essere stati presenti episodi maniacali nel corso della vita. In caso contrario, la diagnosi diventa Disturbo Bipolare I.
Esclusione di altre cause: i sintomi non devono essere dovuti agli effetti di sostanze (es. uso di farmaci o droghe) o a condizioni mediche generali.
Impatto funzionale: l’episodio depressivo maggiore o l’alternanza dei due episodi deve causare disagio clinicamente significativo o compromissione del funzionamento sociale, lavorativo o di altre aree importanti della vita.
La diagnosi può essere posta solo retrospettivamente, quando l’episodio ipomaniacale viene identificato dopo aver valutato il decorso clinico. È frequente una diagnosi iniziale errata di disturbo depressivo maggiore.
Strumenti utili sono le interviste strutturate (SCID), i questionari di screening (MDQ) e l’anamnesi accurata con familiari.
Trattamento, prognosi e complicanze
Il trattamento del disturbo bipolare II deve essere continuo, personalizzato e finalizzato sia alla gestione degli episodi acuti che alla prevenzione delle ricadute.
Stabilizzatori dell’umore: il litio è il farmaco di prima scelta, efficace nel prevenire recidive depressive e ipomaniacali. Altre opzioni includono lamotrigina (ottima per la prevenzione della depressione), valproato e carbamazepina.
Antipsicotici atipici: in particolare quetiapina e lurasidone per le fasi depressive. L’olanzapina può essere impiegata nelle ipomanie refrattarie.
Antidepressivi: da evitare in monoterapia. Se utilizzati, vanno sempre associati a uno stabilizzatore per prevenire viraggi ipomaniacali.
Psicoterapia: fondamentale la psicoeducazione, la terapia cognitivo-comportamentale e l’intervento familiare
La prognosi è variabile, ma spesso sottostimata. Gli episodi depressivi tendono a essere più frequenti, prolungati e gravi rispetto a quelli ipomaniacali. Il disturbo ha un impatto significativo sulla qualità di vita, con alti tassi di:
Ricoveri ospedalieri
Ideazione e comportamento suicidario
Comorbidità psichiatriche (disturbi d’ansia, abuso di sostanze)
L'aderenza terapeutica, la diagnosi precoce e il supporto psicoeducativo sono fattori cruciali per ridurre il rischio di ricadute e migliorare il funzionamento globale.
Le complicanze principali del disturbo bipolare II includono:
Elevato rischio suicidario: paragonabile o superiore a quello del bipolare I, specialmente in fase depressiva
Diagnosi tardiva o errata: che porta a trattamenti inappropriati
Progressione verso forme più gravi del disturbo bipolare, in caso di mancata terapia
Bibliografia
Judd LL et al. Long-term symptomatic status of bipolar I vs bipolar II disorders. Arch Gen Psychiatry. 2003;60(5):397-404.
Ratheesh A et al. Prevalence of bipolar disorder in young adults: a meta-analysis. Psychiatry Res. 2017;253:272-279.
Yatham LN et al. Clinical and biological differences between bipolar I and bipolar II disorder. Curr Psychiatry Rep. 2010;12(6):471-478.
American Psychiatric Association. Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders. Fifth Edition (DSM-5). Arlington: American Psychiatric Publishing; 2013.
Phillips ML et al. Neurobiology of bipolar disorder. Neuropsychopharmacology. 2008;33(1):103-125.
McElroy SL et al. Bipolar II disorder: diagnosis, clinical features, and treatment. Psychiatr Clin North Am. 2002;25(4):739-758.
Vieta E et al. Guidelines for the treatment of bipolar disorder: a critical review. J Affect Disord. 2021;294:646-661.
Post RM et al. Evidence-based treatments for bipolar II disorder. CNS Spectr. 2018;23(1):38-59.
Fountoulakis KN et al. Psychotherapeutic strategies and bipolar disorder. Ann Gen Psychiatry. 2015;14:42.
Calabrese JR et al. Lamotrigine in the treatment of bipolar depression: a placebo-controlled, monotherapy trial. J Clin Psychiatry. 2008;69(5):692-700.