Il disturbo ciclotimico, o ciclotimia, è una forma cronica di disturbo dell’umore appartenente allo spettro bipolare, caratterizzata da una fluttuazione persistente e clinicamente significativa del tono dell’umore, che non soddisfa i criteri per i singoli episodi di disturbo bipolare I o II.
In particolare, si tratta di un disturbo in cui si alternano sintomi depressivi e sintomi ipomaniacali sub-soglia, ovvero non abbastanza intensi o persistenti da configurare veri e propri episodi depressivi o ipomaniacali. La durata minima per la diagnosi è di almeno 2 anni negli adulti (1 anno nei bambini e negli adolescenti), con sintomi presenti per la maggior parte del tempo e con periodi asintomatici mai superiori a due mesi consecutivi.
La fisiopatologia della ciclotimia ricalca per molti aspetti quella dei disturbi bipolari, sebbene con espressioni cliniche attenuate e fluttuazioni più sottili. Il disturbo è caratterizzato da un’instabilità cronica del tono dell’umore che riflette una disfunzione nella regolazione delle reti cerebrali preposte all’equilibrio affettivo.
Sul piano neuroendocrino, sono state ipotizzate anomalie dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA) con una risposta disregolata allo stress. Inoltre, studi neurofunzionali evidenziano alterazioni dell’attività prefrontale mediale e del sistema limbico, simili ma meno marcate rispetto a quelle riscontrate nei disturbi bipolari maggiori.
La ciclotimia è spesso descritta come una forma attenuata ma continua di disregolazione affettiva, in cui le oscillazioni dell’umore sono più rapide e meno prevedibili, ma persistono nel tempo senza raggiungere le soglie diagnostiche per gli episodi tipici.
Le cause della ciclotimia non sono ancora pienamente comprese, ma si ritiene che il disturbo derivi da una combinazione di fattori genetici, neurobiologici e ambientali.
Dal punto di vista genetico, è stato dimostrato che la ciclotimia tende a presentarsi con maggiore frequenza tra i parenti di primo grado dei pazienti con disturbi bipolari, suggerendo una possibile predisposizione ereditaria comune. Studi condotti su gemelli monozigoti indicano una concordanza genetica che avvicina la ciclotimia al disturbo bipolare II.
Tra i meccanismi neurobiologici, si ipotizzano alterazioni della regolazione dei neurotrasmettitori implicati nel tono dell’umore, in particolare serotonina, dopamina e noradrenalina, con un’eventuale disfunzione dei circuiti cortico-limbici coinvolti nella regolazione affettiva.
Fattori ambientali come stress precoci, eventi traumatici infantili, instabilità relazionale o condizioni familiari disfunzionali possono costituire elementi scatenanti o esacerbanti nelle persone predisposte.
Tra i principali fattori di rischio per lo sviluppo della ciclotimia si annoverano:
La prevenzione primaria è difficoltosa a causa dell’insorgenza spesso insidiosa e sottostimata del disturbo. Tuttavia, il riconoscimento precoce delle fluttuazioni affettive nei soggetti a rischio consente un trattamento tempestivo, evitando l’evoluzione verso forme bipolari più gravi.
Il quadro clinico del disturbo ciclotimico si caratterizza per la presenza di oscillazioni croniche e persistenti del tono dell’umore, non attribuibili a episodi depressivi maggiori, maniacali o misti. I pazienti riferiscono periodi di umore elevato, aumentata energia e ridotto bisogno di sonno, alternati a fasi di disforia, irritabilità, pessimismo e rallentamento. Tuttavia, nessuna di queste fasi raggiunge intensità o durata sufficiente per configurare un vero e proprio episodio affettivo secondo i criteri del DSM.
I sintomi, pur essendo attenuati, risultano spesso interferenti con la qualità della vita e le relazioni interpersonali. Tipicamente, i pazienti con ciclotimia sono percepiti come altalenanti, imprevedibili, eccessivamente sensibili o reattivi. Possono manifestare:
In alcuni casi, il disturbo può essere misconosciuto per anni, oppure erroneamente interpretato come disturbo di personalità, depressione atipica o instabilità adolescenziale.
La diagnosi di ciclotimia è esclusivamente clinica e si basa sui criteri del DSM-IV-TR (poi mantenuti nel DSM-5 con lievi modifiche). Essa prevede la presenza, per almeno 2 anni (1 anno nei minori), di numerosi periodi con sintomi depressivi e numerosi periodi con sintomi ipomaniacali che non soddisfano i criteri per episodi depressivi maggiori o ipomaniacali completi, e senza intervalli asintomatici superiori ai 2 mesi consecutivi.
Per porre la diagnosi devono essere soddisfatti i seguenti criteri diagnostici:
La diagnosi differenziale si pone principalmente con:
Può essere utile, nei casi dubbi, l’impiego di strumenti di valutazione come la Hypomania Checklist (HCL-32) e la MOODS-SR, o diari quotidiani del tono dell’umore per documentare l’alternanza dei sintomi nel tempo.
Una volta posta la diagnosi, è possibile specificare alcune caratteristiche cliniche:
Il trattamento della ciclotimia è complesso e richiede un approccio integrato. La terapia psicofarmacologica si basa sull’uso di stabilizzatori dell’umore (come litio, lamotrigina, valproato) per ridurre la frequenza e l’intensità delle fluttuazioni. Gli antidepressivi sono generalmente sconsigliati in monoterapia per il rischio di indurre viraggi ipomaniacali.
La psicoterapia cognitivo-comportamentale, focalizzata sulla regolazione delle emozioni, la gestione dello stress e il riconoscimento precoce delle variazioni dell’umore, rappresenta una componente fondamentale del trattamento.
Nei pazienti con scarsa consapevolezza del disturbo o bassa aderenza terapeutica, l’educazione psicoeducazionale e il coinvolgimento della rete familiare sono strumenti essenziali per migliorare l’outcome.
La prognosi è variabile. In alcuni casi la ciclotimia rimane stabile nel tempo, mentre in altri può evolvere verso un disturbo bipolare I o II. Il rischio è maggiore nei soggetti con familiarità positiva per disturbi bipolari e in quelli esposti a fattori stressanti continui.
Le principali complicanze della ciclotimia derivano dalla cronicità del disturbo, dalla difficoltà diagnostica e dall’interferenza funzionale causata dalle continue fluttuazioni affettive. Tra queste:
Un riconoscimento precoce e un trattamento integrato possono contribuire a ridurre la morbilità e a prevenire l’evoluzione verso forme cliniche più gravi.