Il
litio è il più piccolo catione monovalente appartenetnte alla categoria
dei
metalli alcalini. Può essere utilizzato nella terapia dei disturbi
unipolari e
bipolari. Viene somministrato per via orale sottoforma di sali di
litio,
preferenzialmente carbonato, ma anche glutammato o solfato. Si
distribuisce
uniformemente tra i liquidi intra ed extra-cellukare sostituendosi in
primis al
sodio, ma potendo anche competere con potassio calcio e magnesio.
Agisce sulla
trasmissione catecolaminergica inibendo il rilascio e l’accumulo
presinaptico
di DA e NA e facilitandone la ricaptazione; interferisce con la
trasmissione
serotoninergica determinandone un plus tramite iposensibilizzazione
degli
autorecettori serotoninergici; aumenta la captazione del triptofano e
la
liberazione di NT; può inibire la sintesi di due importanti secondi
messaggeri
intracellulari quali IP3 e DAG, bloccando così la catena di traduzione
del
segnale ed inibisce, se somministrato a dosi superiori a quelle
terapeutiche,
la sintesi di AMPc sostituendosi al Mg (ione indispensabile per la
sintesi di
AMPc).
Il litio, se somministrato per via endovenosa, sostituendosi al
sodio
provoca a livello miocardico violente modificazioni dell’omeostasi
elettrolitica, consistenti in alterazioni del bilancio sodio/potassio,
con
seguente iperpolarizzazione e blocco sistolico. Pertanto si somministra
per via
orale, restando pur tuttavia lievi alterazioni della ripolarizzazione
del
miocardio: all’ECG si possono infatti apprezzare alterazioni dell’onda
T con
allungamento del tratto QT. E’ pertanto sconsigliato l’utilizzo di
questa
terapia in pz. cardiopatici. Il litio presenta un picco di massima
concentrazione plasmatici da 1 a 3 ore dopo l’assunzione per via orale
ed una
curva di decremento bifasica con una prima caduta rapida tra le 5 e le
6 ore
dopo l’assunzione ed un lento decremento nell’arco delle 24 ore
seguenti. La
sua emivita varia in funzione dell’età essendo compresa tra 18 e 22 ore
in
pazienti giovani e tra 36 e 42 ore in pazienti anziani. Passa
lentamente
attraverso la barriera emato-encefalica, non è ne metabolizzato ne
coniugato a proteine
plasmatiche e si distribuisce uniformemente in tutti gli apazi acquosi
dell’organismo. Oltre il 90% del litio assunto viene eliminato con le
urine e
trascurabili quantità anche con la bile ed il sudore. Le dosi ottimali
sono di
0,4-1,2 mEq/L ed è tossico a dosi superiori. Alterando il potenziale di
membrana delle cellule è controindicato oltra che in pz. cardiopatici
anche in
pz con disturbi epilettici.
Tra gli effetti collaterali si annovera la
nefrotossicità che si estrinseca con una diminuzione della capacità di
concentrazione delle urine, un aumentato rilascio di ADH ed un maggiore
riassorbimento distale di acqua.
A livello tiroideo può interferire con
la
sintesi degli ormoni tiroidei causando un ipotiroidismo iatrogeno
tramite
inibizione della captazione dello iodio con un meccanismo di tipo
competitivo
con diminuzione di tiroxina. Diminuiscono pertanto anche il T3 e il T4
e viene
meno li meccanismo di regolazione a feed-back negativo sull’ipofisi che
aumenta
la secrezione di TSH.
Altri effetti collaterali possono verificarsi a
livello
neurologico con tremori (soprattutto alle mani), alterazione della
memoria sia
a breve che a lungo termine, diminuzione dell’attenzione ed astenia
muscolare;
a livello cutaneo con psoriasi, rush cutanei, alterazioni della
pigmentazione
ed acne; a livello gastrointestinale durante la prima fase del
trattamento con
nausea, diarrea e gastralgia. L’alterazione del bilancio elettrolitico
può
determinare inoltre un aumento di peso e transitori edemi agli arti
inferiori.
Gli effetti collaterali tendono ad accentuarsi in fuzione della dose e
in caso
di intossicazione si hanno sintomi extrapirtamidali talora
irreversibili a
causa di un selettivo aumento della sua concentrazione a livello dei
nuclei
della base, potendo portare fino al coma con dosi superiori ai 2 mEq/L.
In
pazienti sottoposti cronicamente ad assunzione di litio la lipemia va
monitorata costantemente.