Quando si parla di
depressione nel bambino è
raro ritrovare un quadro clinico simile a quello degli adulti. Di
fronte ad uno
stato di sofferenza il bambino può mettere in atto alcuni meccanismi di
rifiuto, evitamento, collera, rabbia che vanno distinti dalla reazione
depressiva, che rappresenta invece l’ultima reazione per cercare di
evitare lo
stato di sofferenza fisica e psicologica. Lo stato di benessere del
bambino
viene meno per mancanza della relazione con “l’oggetto soddisfacente”
con
conseguente stato di sofferenza, manifestato tramite lo sviluppo
dell’aggressività, che, se non opportunamente scaricata, accresce il
sentimento
d’impotenza che porta verso la reazione depressiva. Nelle depressioni
infantili
si riscontrano disturbi legati alla sfera affettiva, determinati
geneticamente
o da disturbi biochimici, oppure da fattori psicosociali, tra i quali
grande
importanza rivestono le interazioni familiari, spesso disfunzionali,
che
favoriscono o prolungano un episodio depressivo, oppure possono essere
la causa
diretta o indiretta di ricadute dopo un trattamento riuscito. La
maggior parte
dei bambini depressi sono infatti esposti ad ambienti familiari ostili,
critici, o rifiutanti, in cui prevalgono discordie coniugali o esistono
depressioni genitoriali, soprattutto materne.
In alcuni casi, le
depressioni
nel bambino sono funzionali all’equilibrio familiare e rinforzate
attraverso
meccanismi interattivi peculiari. Un genitore depresso può infatti
rappresentare un modello negativo per il bambino, oppure dare sostegno
ai suoi
comportamenti disfunzionali quali ad esempio, scontrosità,
irritabilità,
chiusura, pianti e lamenti, non potendo fornire esempi di comportamento
sociale
positivo. Le mamme dei bambini depressi tendono a rinforzare poco i
comportamenti di auto-affermazione dei loro figli e molto invece quei
comportamenti che ritengono superiori alla media. Le famiglie con
bambini
depressi presentano in genere difficoltà nell’affrontare conflitti e
problemi
familiari associati ad alti livelli di conflittualità. In questo
contesto i
bambini si mostrano ansiosi, a volte euforici, spesso assumono precisi
patterns
facciali e posturali, indici di opposizione e disaccordo, presentano
una
comunicazione verbale aggressiva e accusatoria, oppure si
disinteressano a
quello che sta succedendo, concentrandosi altrove.
Alcuni genitori attuano, il più delle volte con
successo, comportamenti depressivi per attenuare nei figli
comportamenti ostili
o aggressivi, ma non succede lo stesso quando sono i bambini che
utilizzano
tali mezzi nei confronti dei genitori. L’insuccesso, in questi casi,
comporta
nel bambino, un processo di chiusura. Da uno studio di Curry e
Craighead del
1990 è emerso che i bambini depressi sembrano avere un “locus of control interno”,
mediante il quale essi tendono ad
assumersi la responsabilità degli eventi negativi e ad attribuire a
fattori
fortuiti ed esterni la causa
primaria di
quelli positivi.
I bambini depressi, tendono durante le
discussioni a percepire ed interpretare i comportamenti verbali e non
verbali
dei genitori in modo altamente selettivo, ciò potrebbe essere
direttamente o
indirettamente dei conflitti genitori-figli, o essere di ostacolo alla
risoluzione dei problemi.
Generalmente nella cura del bambino depresso si
tende ad utilizzare terapie psicologiche, soprattutto di tipo
cognitivo, volte
a fargli comprendere gli schemi percettivi distorti e farglieli
modificare.
Poiché la depressione nel bambino si sviluppa e accresce soprattutto
per la
presenza di un ambiente familiare non idoneo è necessario coinvolgere
nella
terapia anche i genitori al fine di migliorare i rapporti familiari. La
terapia
cognitiva più in auge per questo tipo di disturbi è quella del problem
solving,
nella quale, essendo il malato un bambino, per valutarne le variabili
cognitive
ed analizzarne i comportamenti disfunzionali, si può utilizzare un
efficace
metodo alternativo ai questionari: il “richiamo videomediato”. Questa
tecnica
consiste nel videoregistrare una sessione di problem solving familiare
e poi
rimostrarla al soggetto interrompendo ed analizzando periodicamente il
nastro
al fine di porre in rilievo tutte le dinamiche disfunzionali della
relazione.
E’ importante che il terapeuta dia continuamente un feedback positivo
rinforzando i comportamenti adeguati e correggendo gli errori.
Gradualmente il
bambino acquisirà la capacità di mettere in atto comportamenti corretti
anche
in situazioni esterne alla seduta, soprattutto in risposta a
stimolazioni
ambientali.
Si può quindi concludere che i bambini tramite
comportamenti “ambigui” di chiusura o apertamente scontrosi e di
protesta,
tentino fuggire o evitare i conflitti aperti in famiglia, segnalando
comunque,
tramite questi atteggiamenti di disagio o depressivi, che la situazione
sta
diventando troppo critica e conflittuale
inviando un implicito invito a ridurre i
livelli di conflitto, o una
richiesta di maggiore attenzione.