Gli
antidepressivi di II generazione, detti anche "atipici" per la
diversa struttura clinica,
nascono dall'esigenza di introdurre nella
pratica
clinica composti di pari efficacia rispetto ai TCA, ma con minori
effetti
indesiderati. Dal punto di vista della struttura chimica, si tratta di
un gruppo
di farmaci molto eterogeneo, includendo composti monociclici,
biciclici,
tetraciclici e a struttura diversa con caratteristiche farmacodinamiche
e
farmacocinetiche del tutto peculiari. Presentano una maggiore affinità
per i
singoli sistemi monoaminergici e sono possono avere una vita media
inferiore o
superiore rispetto a quella dei triciclici. In
alcuni casi è presente anche una più rapida risposta terapeutica,
probabilmente
a causa proprio di una emivita più breve e di un conseguente
raggiungimento
delle concentrazioni stabili ("Steady-state") in tempi più rapidi.
Questo dato non ha comunque sempre trovato conferma e può essere
spiegato come
un'attività psicostimolante più che realmente antidepressiva. Hanno una
minore
incidenza di effetti collaterali anticolinergici e cardiotossici e gli
inibitori della ricaptazione della serotonina presentano una maggiore
attività
su certi sintomi, come ad esempio le idee suicidarie, la sintomatologia
ossessivo-compulsiva, la bulimia. Nonostante la migliore tollerabilità
presntano comunque un loro spettro di effetti collaterali: gli
inibitori della
ricaptazione della 5-HT danno origine a disturbi neurovegetativi
(cefalea,
nausea e vomito), mentre i dopaminergici (e, in una certa misura, i
noradrenergici) provocano disturbi più propriamente riconducibili alle
loro
intrinseche proprietà attivanti ossia ansia, eccitamento e insonnia. Problemi
all'impiego di questo tipo di antidepressivi sono i costi maggiori
rispetto ai
triciclici e, per alcuni, la mancanza di dosaggi attivi ben delineati la conoscenza imprecisa
del profilo
metabolico. In questa categoria di farmaci si annoverano:
Minaprina:
agisce selettivamente sulla ricaptazione di DA.
Amineptina:
è un inibitore selettivo della ricaptazione di 5-TH ma agisce anche
inibendo la
ricaptazione di DA e ne aumenta la liberazione. Ha una debole azione
?-colinergica. E' da considerarsi uno psicostimolante piuttosto che un
antidepressivo vero e proprio. Viene rapidamente aasorbito dopo
assunzione
orale, metabolizzato a livello epatico ed escreto con l'urina. Emivita
24 ore.
Posologia da 100 a 300 mg/die in 2-3 somministrazioni.
Trazodone:
fa parte della classe delle triazolopiridine. Inibisce debolmente la
ricaptazione di 5-TH, ma a dosaggi elevati (300-600 mg/die); si
comporta come
agonista serotoninergico. Ha una discreta attività adrenolitica e
debolmente
anticolinergica. Come effetti collaterali può determinare ipotensione,
impotenza, inibizione dell'eiaculazione ed effetti anti-colinergici.
Nefazodone
(NFZ):
insieme al trazodone, fa parte della
classe delle triazolopiridine. Da un punto di vista farmacodinamico, il
nefazodone possiede un potente e complesso effetto sui recettori
serotoninergici, modesta attività adrenergica e nessun effetto
anticolinergico.
Risulta meno potente del trazodone nel blocco alfa-adrenergico. Gli
studi di
efficacia clinica indicano un'attività antidepressiva del farmaco
superiore al
placebo ed equivalente a quella degli antidepressivi triciclici
(imipramina)
(Feighner e coll., 1989). Rispetto al trazodone è meno sedativo. Gli
effetti
collaterali del NFZ sono simili a quelli del trazodone, ma avvengono
con minor
frequenza. Altri effetti secondari riportati sono vertigini nausea,
cefalea,
acatisia, tachicardia, ipotensione, inibizione della eiaculazione.
Mianserina:
agisce sulla ricaptazione di NA potenziando la trasmissione
noradrenergica
attraverso il blocco dei recettori presinaptici ?2. Possiede inoltre
una
elevata attività antistaminica. L'effetto antidepressivo è efficace a
dosaggi
di 60-120 mg/die, preferibilmente in monosomministrazione serale. Rari
sonno
gli effetti collaterali anticolinergici e cardiorespiratori.
Fluvoxamina
(FVX):
è uno dei più recenti antidepressivi
bloccanti selettivi per la ricaptazione di 5-HT. Possiede una
bassissima affinità
per i recettori alfa 1, alfa 2, beta 1, D2, h6, 5HT 1, 5HT 2 e
muscarinici.
Inoltre, non inibisce le MAO. Dopo somministrazione orale raggiunge il
picco di
concentrazioni ematiche in 1,5 -8 ore dalla somministrazione e lo
steady-state
richiede circa 10 giorni. Sono conosciuti almeno 11 suoi metaboliti,
nessuno
dei quali sembra possedere effetti farmacologici. Il tempo di
eliminazione
della fase terminale della FVX è di 14,6 ore. I parametri
farmacocinetici non
sembrano variare con l'età. Il dosaggio è compreso tra 50 e 300 mg/die,
Risultata superiore al placebo e parimenti efficace rispetto ai
triciclici nel
trattamento delle forme depressive maggiori. In particolare ha
dimostrato di
possedere: una spiccata affinità sull'ideazione suicidarla; una
specifica
attività su patologie non depressive quali il disturbo
ossessivo-compulsivo o
gli attacchi di panico; efficacia nella riduzione di peso in pazienti
obesi
cronici depressi e nella bulimia ed un significativo miglioramento
delle
capacita mnesiche in pazienti etilisti affetti da una sindrome
cerebrale.
Induce minori effetti collaterali rispetto ai triciclici ad eccezione
della
nausea che inizialmente può rappresentare un problema per la continuità
terapeutici. Altri effetti collaterali sono risultati vomito,
sonnolenza,
stipsi, agitazione, anoressia, perdita di peso, tremori, ipocinesia,
astenia,
insonnia. Nel complesso, la cinetica è indipendente dall'età con
un'emivita
intorno alle 20 ore, con pochi problemi di accumulo e rari rischi in
caso di
sovradosaggio, che la renderebbero particolarmente indicata nel
paziente
anziano.
Fluoxetina
(FLX):
è un inibitore della ricaptazione di
5-HT, senza alcun effetto sulle MAO, sul sistema dopaminergico,
noradrenergico,
istaminergico, colinergico o gabaergico. È ben assorbita dopo
somministrazione
orale e raggiunge il picco ematico viene in 4-8 ore, ha un'emivita di
circa 1-3
giorni mentre quella della norfluoxetina (NFLX), suo metabolita
attivato, varia
da 7 a 15 giorni. Le concentrazioni plasmatiche allo steady-state,
vista la
lunga emivita, vengono raggiunte dopo circa 30 giorni. Le
caratteristiche
farmacocinetiche non sembrano variare con l'età o in la presenza di
insufficienza renale, mentre sembrano modificarsi in seguito a
disfunzioni di
tipo epatico. Oltre all'efficacia nelle fasi acute della patologia
depressiva,
ha dimostrato un significativo effetto profilattico sulle ricadute,
riducendo i
nuovi episodi depressivi nel corso di follow-up a lungo termine. Ha
come
effetto collaterale la perdita di peso e pertanto è stato utilizzato
anche ini
pazienti obesi e nella bulimia provocando riduzione ponderale in
pazienti
sovrappeso non depressi senza differenze d'efficacia clinica tra
pazienti con e
senza attacchi bulimici (Marcus e coll., 1990). Il profilo degli
effetti collaterali
è dose dipendente e si riscontrano con maggior frequenza nausea (23%),
nervosismo, insonnia, ansia, anoressia (9%). Il dosaggio ottimale
sembra essere
intorno ai 20 mg: con questi dosaggi la nausea è trascurabile in
presenza di
effetti terapeutici soddisfacenti ed è inoltre sicuro anche nei casi di
sovradosaggio, non essendo stati registrati casi di morte di pazienti
per
"overdose" di sola FLX. Non può essere associata ad iMAO.
Reboxetina:
è un inibitore della ricaptazione di NA a livello siniptosomiale
cerebrale con
solo marginali attività inibitorie sulla ricaptazione di 5-HT, senza attività sulla
ricaptazione della
DA, senza attività inibitoria sulle MAO e con lieve o nessuna attività
anticolinergica. Dal punto di vista farmacocinetico viene rapidamente
assorbito
e circa il 77% della sostanza somministrata viene ritrovata nelle urine
entro 5
giorni e l'escrezione fecale risulta del 16%. Raggiunge il picco
plasmatico in
1-2 ore dall'ingestione, Ha un'emivita plasmatica di 13,2 ore,
raggiunge lo steady-state
viene raggiunto entro 3 giochi. La dose ottimale del farmaco sia di
6-10
mg/die, con un miglioramento clinico dose-correlato sino ai 10 mg. Dosi
superiori sono poco tollerate, provocando ipertensione, tachicardia,
vertigini,
disturbi della visione, nausea. Gli effetti collaterali più
frequentemente
riportati sono: cefalea (40%); sudorazione eccessiva (37%); astenia
(31%);
stipsi (21%); secchezza delle fauci (20%); vertigini (18%); disturbi
della
visione (15%); nausea e disturbi digestivi (17%); sonnolenza (13%);
tachicardia
(13%). Non sono riportati casi di sovradosaggio di farmaco.
Venlafaxina(VFX):
è un potente bloccante della ricaptazione di 5-HT, DA e NA senza
effetti sul
sistema colinergico, istaminergico, gabaergico o sulle MAO. E' in grado
di dare
una down-regulation dei recettori beta adrenergici e probabilmente 5HT2
entro
2-3 giorni e presenta una breve latenza di effetto terapeutico. I più
comuni
effetti collaterali riportati sono stati anoressia, nausea, diarrea,
acatisia e
occasionalmente sonnolenza o disturbi del sonno.
LEVOSULPIRIDE
La Levosulpride è
un derivato benzamidico che agisce sul SNC determinando un blocco dei
recettori
dopaminergi e pertanto fa parte della categoria dei neurolettici.
Tali
farmaci
non sono usualmente considerati composti antidepressivi, tuttavia
esistono
alcuni neurolettici che presentano una azione bifasica in termini
farmacodinamici. Tuttavia, al contrario dei neurolettici classici, la
Levosulpride a basse dosi (50-150 mg/die) presenta un'attività
antidepressiva e
a dosi elevate (800-1000 mg/die) svolge un'efficace attività
antipsicotica.
Sembra che l’azione antidepressiva sia dovuta a una stimolazione del
sistema dopaminergico
dovuta al blocco dei recettori autoinibitori. Sembra che dopo
trattamento
cronico con levosulpiride a bassi dosaggi si verifichi una
desensibilizzazione
dei beta-recettori associati all'adenilciclasi posti nella corteccia
frontale.
I terminali noradrenergici centrali subirebbero un controllo da parte
dei
recettori dopaminergici D2 sul release di noradrenalina e il blocco di
questa
inibizione endogena potrebbe essere uno dei meccanismi coinvolti
nell'effetto
antidepressivo di questo farmaco che non costituisce per sé
un'alternativa al
trattamento con gli antidepressivi ma può essere utile anche in alcuni
disturbi
depressivi maggiori non gravi, caratterizzati da evidente
somatizzazione da
tematiche ipocondriache.