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Tumore dell'ovaio
I tumori dell’ovaio sono piuttosto frequenti nella popolazione femminile, per fortuna la maggior parte di loro , circa l’80% sono tumori benigni e si verificano prevalentemente prima dei 40 anni.
Il restante 20% sono tumori maligni e si verificano prevalentemente in donne di età superiore ai 40 anni.
Il cancro dell’ovaio ha generalmente (90% dei casi) origine dall’epitelio celomatico che riveste la superficie ovarica e sono per tanto
tumori epiteliali, che ulteriormente suddivisi, in base al tipo di epitelio da cui originano in:
- tumori sierosi: originano dall'epitelio tubarico,
- tumori mucinosi: originano dall'epitelio cervicale,
- tumori endometriotdi: originano dall'epitelio endometriale,
- tumori epiteliali misti: presentano più di una componente epiteliale,
- tumori epiteliali indifferenziati: hanno origine epiteliale non meglio definibile.
Nel restante 10% dei casi i tumori dell’ovaio possono essere:
- tumori germinali: 5% dei casi, quasi esclusivi di infanzia e giovane età, caratterizzati da elevazione dei livelli di alfa-fetoproteina e gonadotropina coranica;
- tumori dello stroma gonadico: 4% dei casi; si accompagnano anche ad alterazioni ormonali con virilizzazione e/o femminilizzazione;
- tumori mesenchimali: rari, originano da strutture di tipo mesenchimale (fibromi, lipomi, sarcomi etc.).
In Italia ci sono circa 4.000 nuovi casi di cancro ovarico l'anno e 3.000 decessi, questo perché vengono spesso diagnosticati in stadio avanzato poiché all’esordio sono sintomatici e quando inizia a comparire la sintomatologia è spesso aspecifica.
I
sintomi iniziali, quando presenti sono molto vaghi tipo nausea, malessere addominale, dispepsia etc.,
Segni e sintomi più specifici compaiono nelle fasi avanzate di malattia e sono correlati all’estensione del tumore, alla diffusione peritoneale e a distanza e consistono in presenza di massa palpabile in sede annessiale, nodosità del Douglas (palpazione bimanuale endovaginale ed endorettale), perdite ematiche vaginali, tensione addominale ed ascite, dispnea da versamento pleurico etc …
La
diagnosi è ecografica con color doppler che consente di identificare la massa annessiale e la sua neovascolarizzazione, può essere eseguita sia per via trasvaginale che esterna.
L’
ecografia transvaginale consente una migliore valutazione degli annessi, l'
ecografia addominale consente una migliore valutazione dell’ascite, delle linfoadenopatie e delle eventuali metastasi epatiche, ma è chiaro che se viene fatta la transvaginale non cè bisogno dell’ecografia addominale poiché in presenza di lesione annessiale sospetta per cancro ovarico poi si deve comunque fare un TC che è superiore alla ecografia nella valutazione dell’estensione endoaddominale della malattia.
Poiché bisogna stadiare la malattia nella sua totalità lo studio topografico va esteso a tutto il corpo quindi non TC addome ma una
TC total body con contrasto.
E’ importante anche la ricerca dei
marcatori tumorali CA125 ed HE4 che sono molto sensibili ed utilissimi non a fini diagnostici ma per monitorare l’andamento della malattia e l’efficienza del trattamento.
La diagnosi di certezza è istologica ma nel tumore dell’ovaio è
sconsigliata la biopsia! Andando a pizzicare la neoformazione si ha un elevatissimo rischio di diffusione iatrogena peritoneale e quindi si fa saltare la paziente ad uno stadio IV.
E’ necessario quindi un
first look chirurgico esplorativo con citoriduzione primaria utile sia fini studiativi che curativi (vedi più avanti).
Per la stadiazione del carcinoma ovarico si usa la
classificazione FIGO (Federazione Internazionale di Ginecologia ed Ostetricia):
- Stadio I: tumore limitato alle ovaie:
- Stadio IA: tumore limitato ad un ovaio con capsula integra, in assenza di interessamento della superficie ovarica, ed in assenza di ascite;
- Stadio IB: tumore limitato ad entrambe le ovaie con capsule integra, in assenza di interessamento della superficie ovarica ed in assenza di ascite;
- Stadio IC: tumore allo stadio IA o IB, ma con tumore sulla superficie di una o entrambe le ovaie o con capsula rotta o con citologia del liquido ascitico positiva o con washig peritoneale positivo;
- Stadio II: tumore che coinvolge una o entrambe le ovaie con estensione pelvica:
- Stadio IIA: estensione e/o metastasi all’utero e/o alle tube e/o alle ovaie;
- Stadio IIB: estensione ad altri tessuti pelvici intraperitoneali;
- Stadio IIC: tumore allo stadio IIA o IIB, ma con tumore sulla superficie di una o entrambe le ovaie o con capsula rotta o con citologia del liquido ascitico positiva o con washig peritoneale positivo;
- Stadio III: tumore che coinvolge una o entrambe le ovaie con metastasi peritoneali extrapelviche e/o linfonodi retroperitoneali o inguinali positivi, metastasi sulla superficie epatica, tumore limitato alla pelvi ma con dimostrazione istologica di metastasi all’omento e/o al piccolo intestino:
- Stadio IIIA: tumore limitato alla piccola pelvi, linfonodi negativi, diffusione microscopica istologicamente confermata alla superficie peritoneale addominale;
- Stadio IIIB: tumore con metastasi peritoneali macroscopiche extra-pelviche di diametro massimo fino a 2 cm, con o senza metastasi nei linfonodi retro-peritoneali;
- Stadio IIIC: tumore con metastasi peritoneali macroscopiche extra-pelviche di diametro massimo superiore a 2 cm, con o senza metastasi nei linfonodi retroperitoneali;
- Stadio IV: tumore con metastasi a distanza, con esclusione delle metastasi peritoneali:
- Stadio IVA: diffusione pleurica con citologia positiva;
- Stadio IVB: metastasi parenchimali e metastasi a organi extra-addominali (inclusi i linfonodi inguinali e i linfonodi al di fuori della cavità addominale).
La sopravvivenza a 5 anni cambia sensibilmente ad ogni stadio:
- Stadio I: sopravvivenza a 5 anni del 70-90%;
- Stadio II: sopravvivenza a 5 anni del 50-60%;
- Stadio III: sopravvivenza a 5 anni del 20-40%;
- Stadio VI: sopravvivenza a 5 anni del 10%;
Purtroppo al momento della diagnosi la maggior parte delle pazienti (circa il 65%) sono già in stadio III o IV.
Indipendentemente dallo stadio comunque il primo passaggio è chirurgico: si apre per via laparoscopica e si procede alla uteroannessectomia bilaterale con omenctomia e linfoadenctomia, biopsia di tutte le aree sospette, biposia random sul peritoneo, aspirazione dell’eventuale liquido peritoneale presente o washing peritoneale.
Nelle pazienti in stadio I a rischio basso e desiderose di prole al posto dell’isteoannessectomia ci può limitare all’asportazione del solo annesso interessato con biopsia dei linfonodi pelvici e lomboaortici.
Nei casi più avanzati con evidenza di interessamento extraovarico si procede a citoriduzione primaria con asportazione di tutte le lesioni neoplastiche visibili (
debulking).
Possono essere necessarie delle pericardiectomie, gastrectomia parziale, splenectomia, resezioni epatiche, intestinali o vescicali a secondo dell’estensione del tumore.
Il debulking deve essere il più ampio possibile, il maggior indice prognostico che condiziona la sopravvivenza è infatti il
residuo post chirurgico:
- residuo chirurigco inferiore a 0,5 cm.: la sopravvivenza media è di circa 40 mesi;
- residuo chirurigco compreso tra 0,5 e 1,5 cm.: la sopravvivenza media è di circa 18 mesi;
- residuo chirurigco superiore ad 1,5 cm.: la sopravvivenza media è di circa 6 mesi.
Al termine della citoriduzione primaria si procede ad una installazione locale di chemioterapici ad alte temperature chiamata
HIPEC.
L'HIPEC è una procedura che prevede l'introduzione nella cavità peritoneale di soluzioni di chemioterapici (nello specifico cisplatino) mantenute alla temperatura costante di 42-43 gradi centigradi.
Oltre alla chirurgia nel cancro dell’ovaio si ricorre anche alla
chemioterapia che trova indicazione in neoadiuvante, adiuvante, malattia metastatica.
In tutti e tre i casi lo schema di riferimento è
carboplatino + paclitaxel per 6 cicli con valutazione dei marcatori tumorali prima di ogni ciclo.
Nella malattia metastatica a metà trattamento (dopo 3 cilci) è indicato anche uno studio tomografico per valutare la risposta alla terapia.
In casi selezionati è possibile utilizzare anche il
baevacizumab in associazione alla chemioterapia.
In seconda linea o nei pazienti platino resistenti si può utilizzare la
trabectedina.