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Terapia chirurgica dei tumori

Storicamente il principio generale è sempre stato se c’è qualcosa di marcio lo tolgo e sostanzialmente questo è ancora vero ma spesso non praticabile, e spesso necessita di altro!
La chirurgia resta un elemento fondante della terapia dei tumori ma è sempre mandatorio un approccio multidisciplinare tra chirurgo, radioterapista ed oncologo.

Il concetto fondamentale in chirurgia oncologia è la radicalità: cioè togliere tutto il tessuto neoplastico; a tale scopo, è necessario che il chirurgo faccia delle resezioni oltre ciò che vede e porti via un “margine di sicurezza” di tessuto che al chirurgo appare sano che poi al patologo può risultare patologico.

Sulla base della qualità dei margini distinguiamo :
Oltre ad un margine di sicurezza spesso si tolgono anche i linfonodi (linfectomia) e si manda tutto al patologo che farà una stagnazione patologica con il TNM patologico (pTNM).

Il TNM patologico lo si distingue dalla presenza di una p davanti alle lettere avremmo quindi:
  • pT: valutazione dell’estensione di malattia valutata dal patologo operatorio
  • pN: numero di linfonodi coinvolti valutati dal patologo sul pezzo operatorio
  • pM: è in genere un X, cioè non definibile poiché dalla lesione primaria non si può vedere se il tumore ha metastatizzato o meno, diventa 1 quando il pezzo mandato al patologo è una metastasi (ad esempio un tumore del colon con metastasi singola al fegato, nel pezzo operatorio è compresa anche la metastasi del fegato che viene escissa contestualmente all’intervento.)
Il TMN patologico è molto importante perché più accurato di quello clinico che spesso sottostadia il paziente nel senso che il valore che danno le indagini di diagnostica strumentale non di rado risultano essere inferiori a quello che il chirurgo trova quando apre.
La chirurgia per tanto oltre ad un intento curativo ha anche una funzione nel perfezionare la stadiazione.

Talora, in alcuni tumori (es. Ca Mammario), si può evitare di togliere i linfonodi e fare quello che si chiama linfonodo sentinella.
Si punge la lesione tumorale con un tracciante radioattivo prima dell’intervento (molto prima). Il tumore drena nei linfonodi e quindi anche il tracciante andrà alla prima stazione linfonodale dopo il tumore.
Tramite una sonda che capta radiazioni e che fa “bip" quando le trova si identifica il linfonodo che ha captato il tracciante (nel Ca mammario si fa un incisione dietro il pilastro anteriore e si inserisce la sonda alla ricerca della sentinella) e lo si asporta. Lo si invia al patologo che dirà se è o meno interessato da ripetizione neoplastica. Se è negativo si lasciano i linfonodi, se è positivo si fa la linfoadenectomia della stazione linfonodale in questione (svuotamento del cavo ascellare in caso di Ca mammario) per alcuni tumori (mammella appunto) non è necessario l’estemporaneo, ma si può richiudere ed eventualmente togliere i linfonodi in un secondo tempo.

I tumori li possiamo distinguere grossolanamente in limitati, localmente avanzati e metastatici.

Per lesioni localmente limitate, generalmente gli stadi 1 la chirurgia può essere esclusiva: cioè se il tumore è confinato, di basso grado ed in assenza di segni di interessamento linfonodale o metastatico si toglie il tumore e stop.
Purtroppo però poiché molti tumori sono indolenti (non danno sintomi) spesso la diagnosi è tardiva e alla chirurgia si rende necessario aggiungere la radioterapia o la chemio terapia ed in alcuni casi la chirurgia non è proprio praticabile.

I tumori localmente avanzati sono quelli che come dice il nome sono voluminosi e/o invadono strutture adiacenti, talora anche con interessamento linfonodale.
Sulla base del T e del N vengono distinti in:
I tumori metastatici sono per definizione inoperabili e vanno trattati essenzialmente con chemioterapia, talora anche con radioterapia.
In alcuni casi le metastasi possono non rappresentare criterio di inoperabilità; per alcuni tumori si distingue infatti la malattia matastatica da quella oligometastatica: per alcuni tumori con metastasi isolate si può procedere all’escissione della metastasi.

Quanto sopra esposto esposto vale ovviamente per pazienti con un buon performance status che posso reggere un intervento chirurgico. Ci sono poi alcuni pazienti definiti unfit che, anche se di basso stadio, non sono eleggibili a terapia chirurgica e devono essere con radioterapia e/o chemioterapia.

In oncologia la chirurgia oltre che curativa può essere anche palliativa con interventi che non hanno finalità di radicali ma soltanto quello di trattare dei sintomi fastidiosi che peggiorano la qualità di vita del paziente (es. ostruzioni).
Ci sono poi situazioni emergenziali da trattare chirurgicamente come occlusioni intestinali, emorragie etc.
Altra branca della chirurgia oncologica è l’oncoplastica che prevede la ricostruzione immediata dopo interventi mutilanti come nel caso della Ca della mammella.
In alcuni tumori particolari dove non si può raggiungere la radicalità chirurgica (solo in alcuni non tutti!) si può rinunciare alla radicalità chirurgica ed accettare di fare interventi curativi che lascino un residuo.

Il debugging consiste nella rimozione chirurgica della maggior quantità possibile di tessuto tumorale: il chirurgo apre e toglie tutto quello vede.
Uno dei tumori tumore che meglio beneficia del debugging è il carcinoma dell’ovaio, che dà spesso metastasi peritoneali: il chirurgo apre asporta tutto il tumore visibile con annessectomia ed asportazione o resezione di organi eventualmente infiltrati, compresi i noduli peritoneali, a costo di fare una peritonectomia; nel tumore dell’ovaio il fattore prognostico principale che condiziona la prognosi è il residuo chirurgico!
Le attuali indicazioni ad eseguire debugging sono: il tumore dell’ovaio, la carcinosi peritoneale in tumori non mucinosi e i sarcomi retroperitoneali.
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