Terapia chirurgica del tumore della mammella chirurgia radicale (mastectomia) e conservativa (quadrantectomia)
La chirurgia del tumore della mammella deve essere radicale e a secondo dell’estensione del tumore può essere conservativa o demolitiva e prevedere o meno l’asportazione dei linfonodi ascellari.
L’intervento demolitivo consiste nell’asportazione in toto della ghiandola mammaria ed è chiamato mastectomia.
Esistono differenti tipi di mastectomia:
Mastectomia radicale di Halsted: il primo intervento di mastectomia nella storia, prevede l’asportazione in toto della mammella da cute a grande pettorale compresi e svuotamento del cavo ascellare omolaterale. E’ l’intervento più demolito in assoluto, oggi rarissimo e riservato ai soli casi di interessamento del muscolo pettorale.
Mastectomia radicale modificata: come sopra ma con risparmio del grande pettorale (mastectomia di Patey) o con risparmio sia del grande che del piccolo pettorale (mastectomia di Madden). La mastectomia di Patey non si fa quasi mai, salvo invasione del piccolo pettorale. La mastectomia di Madden è più frequente sopratutto in caso di invasione cutanea in cui si rende necessario asportare anche la cute. In quel caso per la ricostruzione viene inserito una sorta di palloncino che viene gradualmente gonfiato in modo da distendere la pelle ed avere lo spazio per la protesizzazione
Mastectomia sparing: se non c’è necessità di asportare la cute non la si asporta e si può profetizzare subito. La mastectomia cute sparing risparmia la cute, la mastectomia nipple sparing risparmia il capezzolo (di difficile ricostruzione).
Dopo gli interventi radicali è importante la sostituzione della mammella con protesi mammaria.
La protesizzazione della mammella svuotata è importante per due motivi:
estetico-psicologico: oltre alla bruttura di vedere un petto privo di una mammella una donna senza una tetta si sente gravemente mutilita
funzionale: una donna con il seno voluminoso una mammella in meno alleggerisce il peso dal lato offeso e può determinare problemi postulai e di equilibrio
Negli interventi sparing si può procedere al posizionamento della mammella subito.
Nelle mastectomie radicali è necessario introdurre un espansore che viene gonfiato nel tempo in modo da diltare progressivamente la cute e creare lo spazio necessario all'inserimento protesico.
Gli interventi conservativi consistono nell’asportazione di una parte del tessuto mammario solamente e sono:
Quadrantectomia: proposta dal gruppo di Veronesi negli anni 70, l’intervento più eseguito fino ad oggi: consiste nell’asportazione di un quadrante di tessuto mammario (quello contenete il nodulo ovviamente) seguita da radioterapia sul tessuto mammario residuo. Storicamente prevede anche lo svuotamento ascellare, che oggi si tende a fare solo se effettivamente necessario.
Tumorectomia: intervento ancora più conservativo della quadrantectomia consiste nella sola asportazione della massa tumorale con margine di sicurezza di 2 cm. e svuotamento se necessario del cavo ascellare.
Negli interventi conservativi non c’è necessità di protesizzazione si scolla il tessuto ghiandolare residuo e lo si ridistribuisce in modo da andare a riempire anche il “buco” lasciato dall’intervento conservativo. Il risultato estetico e funzionale è accettabile con la mammella operato che risulterà solo lievemente più piccola rispetto a quella non operata.
Il cut-off tra intervento conservativo e demolitivo è stabilito in termini di dimensioni a 3 cm. Tale limite è puramente indicativo e non un obbligo: è del tutto evidente che se mi trovo davanti ad una donna di 1.50 m. minuta e con una prima l’intervento conservativo che toglie 3cm. la svuota con risultati estetici pessimi a quel punto tanto vale fare la mastectomia e poi protesizzare.
La linfoadenectomia non è inclusa di default nell'intervento ma si fa solo in alcuni casi.
La necessità di svuotamento del cavo ascellare dipende dal TNM clinico: se c’è evidenza di interessamento si tolgono anche i linfonodi ascellari se non c’è evidenza non si fa più la lifnoadenectomia preventiva ma ci si accerta dello stato linfonodale tramite il linfonodo sentinella: prima dell’intervento (per prima si intende una decina d'ore) si inietta un tracciante radioattivo nella massa tumorale sarà drenato alla prima stazione linfonodale (il linfonodo sentinella appunto) che consentirà al chirurgo di identificare il linfonodo sentinella e di asportarlo per mandarlo dal patologo. Non è necessario l’estemporaneo ma si può richiudere ed aspettare con calma il referto. Se positivo per localizzazione metastatica i linfonodi possono essere tolti in un secondo tempo.
Dopo l’intervento chirurgico il pezzo operatorio va mandato al patologo per esame istologico che consente una stadiazione patologia secondo il TNM patologico (pTNM):
Per la valutazione dell'estensione si utilizza il pT che si basa si criteri dimensionali e corriponde al T del TNM clinico (cT).
La valutazione dei linfonodi (pN) si basa sul numero di linfonodi coinvolti e sul tipo di metodica utilizzata per la ricerca di cellule tumorali nei linfonodi:
pNx: i linfonodi regionali non possono essere definiti (ad esempio: non sono stati prelevati o sono stati rimossi in precedenza)
pN0: non metastasi nei linfonodi regionali identificate istologicamente. Se l’esame istologico è eseguito su linfonodo sentinella si aggiunge (sn)
pN0 (i-): non metastasi nei linfonodi regionali alla colorazione standard ematossilina eosina ed esame immunoistochimico negativo.
pN0 (i+): evidenza alla colorazione o all’immunoistochimica di cellule maligne di dimensioni inferiori a 0,2 mm
pN0 (mol-): non metastasi nei linfonodi regionali istologicamente accertate con RT-PCR negativa
pN0 (mol+): RT-PCR positiva senza metastasi nei linfonodi regionali all’istologia o all’immunoistochimica
pN1: micrometastasi; o metastasi in 1-3 linfonodi ascellari omolaterali; e/o mammari interni
pN1mic: micrometastasi di dimensioni superiori a 0,2 mm ma inferiori a 2 mm.
pN1a: metastasi in 1-3 linfonodi ascellari, di cui almeno una di dimensioni massime superiori a 2 mm
pN1b: metastasi nei linfonodi mammari interni con metastasi microscopiche
N1c: metastasi in 1-3 linfonodi ascellari e nei linfonodi mammari interni con metastasi microscopiche ma non clinicamente rilevabili
pN2: metastasi in 4-9 linfonodi ascellari omolaterali; o in linfonodi mammari interni omolaterali clinicamente rilevabili in assenza di metastasi nei linfonodi ascellari:
pN2a: metastasi in 4-9 linfonodi ascellari, di cui almeno una di dimensioni superiori a 2 mm
pN2b: metastasi clinicamente rilevabili nei linfonodi mammari interni in assenza di metastasi nei linfonodi ascellari
pN3: metastasi in 10 o più linfonodi ascellari omolaterali; o in linfonodi sottoclavicolari omolaterali; o metastasi clinicamente rilevabili nei linfonodi mammari interni omolaterali in presenza di metastasi in uno o più linfonodi ascellari; o metastasi in più di 3 linfonodi ascellari e nei linfonodi mammari interni con metastasi microscopiche; o metastasi nei linfonodi sovraclaveari omolaterali
pN3a: metastasi in 10 o più linfonodi ascellari omolaterali di cui almeno uno di dimensioni superiori a 2 mm); o metastasi nei linfonodi sottoclavicolari (linfonodi ascellari III livello)
pN3b: metastasi clinicamente rilevabili nei linfonodi mammari interni omolaterali in presenza di metastasi in uno o più linfonodi ascellari positivi; o metastasi in più di tre linfonodi ascellari e nei linfonodi mammari interni;
pN3c: metastasi nei linfonodi sovraclaveari omolaterali
Ovviamente il parametro M sarà sempre un pMx la presenza di metastasi non è rilevabile l’unico caso in cui l’istologico da il parametro M sono quei tumori in cui vengono asportati e mandati al patologo anche le ripetizioni metastatiche.