La sindrome del cuore destro ipoplasico (Hypoplastic Right Heart Syndrome, HRHS) è una rara e grave cardiopatia congenita caratterizzata da un incompleto sviluppo delle strutture destinate a formare il cuore destro: l’atrio destro, la valvola tricuspide, il ventricolo destro, la valvola polmonare e il tratto di efflusso polmonare. Questa anomalia porta a una compromissione significativa del flusso sanguigno dalla circolazione venosa sistemica verso i polmoni, obbligando il sangue a percorrere vie anomale attraverso shunt interatriali, interventricolari o dotto arterioso per garantire l’ossigenazione. La presentazione clinica è spesso critica già nei primi giorni di vita, con grave cianosi, ipossia e rapido sviluppo di insufficienza cardiaca, rendendo la HRHS una delle più impegnative sfide della cardiologia e cardiochirurgia pediatrica.
L'eziologia della sindrome del cuore destro ipoplasico risiede in un difetto dello sviluppo embriologico delle strutture destinate a costituire il cuore destro. In particolare, durante la IV-VII settimana di gestazione, alterazioni nei processi di crescita, differenziazione e rimodellamento del bulbo cardiaco e del setto atrioventricolare portano a una riduzione variabile delle dimensioni dell’atrio e del ventricolo destro e/o all’ipoplasia delle valvole tricuspide e polmonare. Spesso, la presenza di una stenosi o atresia della tricuspide o della valvola polmonare in epoca embrionale determina una ridotta crescita delle camere destre per mancanza di flusso anterogrado, secondo il principio di “flow-dependent development” osservato anche nella sindrome del cuore sinistro ipoplasico.
I fattori di rischio sono perlopiù riconducibili a condizioni genetiche e sindromiche, sebbene la maggior parte dei casi sia sporadica. Sono stati identificati:
Il meccanismo patogenico fondamentale consiste nella riduzione progressiva del flusso anterogrado attraverso la tricuspide e/o la valvola polmonare già durante la vita intrauterina. Questo determina una crescita insufficiente delle camere destre e dei tratti di efflusso, creando una situazione in cui, alla nascita, il ventricolo destro non è in grado di sostenere il carico di lavoro necessario a convogliare il sangue verso i polmoni. La gravità della sindrome dipende dall’entità dell’ipoplasia e dall’associazione con altre anomalie, quali difetti del setto interatriale, stenosi o atresia polmonare, ipoplasia o atresia della tricuspide e presenza di dotto arterioso pervio.
Dal punto di vista fisiopatologico, il cuore destro ipoplasico determina un flusso venoso sistemico che incontra un ostacolo critico nel passaggio verso il circolo polmonare. Ne consegue una necessaria deviazione del sangue attraverso shunt interatriali (forame ovale pervio, DIA), interventricolari (DIV) o mediante dotto arterioso pervio. L’efficacia dell’ossigenazione dipende dalla dimensione e dalla funzionalità di questi shunt. Nei casi più severi, la chiusura spontanea del dotto arterioso o la restrizione dei passaggi interatriali può determinare un rapido deterioramento clinico con grave cianosi, acidosi metabolica e rischio di morte improvvisa.
La sindrome del cuore destro ipoplasico va quindi considerata una patologia ad alta complessità, caratterizzata da un equilibrio emodinamico precario, in cui la sopravvivenza dipende dalla presenza e dalla pervietà delle comunicazioni intracardiache e dal tempestivo intervento terapeutico.
Le manifestazioni cliniche della sindrome del cuore destro ipoplasico (HRHS) sono generalmente precoci e severe, riflettendo la profonda compromissione del flusso sanguigno verso i polmoni e la dipendenza critica da shunt intracardiaci e dotto arterioso per la sopravvivenza. L’esordio avviene tipicamente nelle prime ore o giorni di vita, con sintomi che si aggravano rapidamente in assenza di un intervento tempestivo.
I sintomi comuni nei neonati comprendono:
Nelle forme più critiche, la chiusura spontanea del dotto arterioso o la restrizione delle comunicazioni interatriali può determinare un drammatico peggioramento con rapido sviluppo di ipossia, acidosi metabolica, collasso circolatorio e rischio elevato di morte improvvisa. La gravità della sintomatologia è direttamente proporzionale all’entità dell’ipoplasia delle camere destre e alla capacità di mantenere una via alternativa per il flusso polmonare.
All’esame obiettivo, si possono rilevare cianosi intensa, polso debole e tachicardico, respiro superficiale e affannoso, suoni cardiaci spesso attenuati e, nei casi con shunt interventricolare significativo, soffio olosistolico parasternale. L’epatomegalia e i segni di congestione venosa periferica compaiono rapidamente nei casi in cui la pressione atriale destra risulti elevata.
Nei rari casi in cui la HRHS si presenti con forme meno gravi, la sintomatologia può esordire più tardivamente, con cianosi cronica, insufficienza cardiaca a esordio subacuto, facile affaticabilità e scarso accrescimento. In ogni caso, l’evoluzione spontanea è sempre sfavorevole in assenza di un trattamento specifico.
La diagnosi della sindrome del cuore destro ipoplasico (HRHS) si fonda su un’attenta integrazione di valutazione clinica, esami strumentali di primo livello e imaging cardiaco avanzato. Il sospetto clinico nasce di fronte a un neonato con cianosi grave e persistente, scarsamente responsiva all’ossigenoterapia, segni di distress respiratorio e quadro emodinamico rapidamente ingravescente. In alcuni casi, la diagnosi può essere posta già in epoca prenatale tramite ecocardiografia fetale.
L'elettrocardiogramma (ECG) nei neonati con HRHS può evidenziare ritmo sinusale con deviazione assiale destra e segni di ipertrofia atriale destra; tuttavia, data la ridotta massa ventricolare destra, la tipica ipertrofia del ventricolo destro può essere assente.
La radiografia del torace mostra frequentemente cardiomegalia moderata, profilo cardiaco globoso e modificazioni del disegno vascolare polmonare, che può risultare ridotto nei casi con flusso polmonare limitato.
L’esame cardine è rappresentato dall’ecocardiografia transtoracica (TTE), che consente di visualizzare direttamente l’ipoplasia o l’atresia delle strutture destre (atri, valvole, ventricolo e tratto di efflusso polmonare), la presenza e le dimensioni di shunt interatriali o interventricolari, la pervietà del dotto arterioso e l’anatomia delle arterie polmonari.
L’ecocardiografia Doppler permette di valutare i gradienti di pressione, la direzione e la quantità dei flussi, e di identificare eventuali lesioni associate (coartazione aortica, anomalie del ritorno venoso polmonare, altre cardiopatie complesse).
Nelle forme con anatomia complessa o in previsione di un intervento chirurgico, è indicato ricorrere a tecniche di imaging avanzate quali la risonanza magnetica cardiaca (CMR) o la tomografia computerizzata (CT) cardiaca. Queste metodiche consentono una ricostruzione tridimensionale delle strutture, la valutazione dettagliata del circolo polmonare e sistemico e la pianificazione accurata della strategia chirurgica.
Il cateterismo cardiaco può essere necessario in casi selezionati, sia per la misurazione accurata delle pressioni intracardiache e delle resistenze polmonari, sia per l’esecuzione di procedure interventistiche palliative (es. stenting del dotto arterioso o dilatazione del forame ovale).
La diagnosi differenziale comprende la sindrome del cuore sinistro ipoplasico, la atresia della tricuspide, la stenosi o atresia polmonare critica e altre cardiopatie congenite cianogene. La distinzione accurata tra queste condizioni è fondamentale per impostare un percorso terapeutico appropriato e personalizzato.
Il trattamento della sindrome del cuore destro ipoplasico (HRHS) è tra i più complessi in cardiologia pediatrica e richiede una gestione multidisciplinare in centri altamente specializzati. L’obiettivo principale è garantire un adeguato flusso polmonare e sistemico, attraverso una combinazione di strategie mediche, interventistiche e chirurgiche personalizzate in base all’anatomia specifica e alle condizioni cliniche del paziente. La sopravvivenza a lungo termine dipende dalla precocità della diagnosi, dalla tempestività delle cure e dalla possibilità di mantenere un equilibrio emodinamico stabile durante la crescita.
Nella fase neonatale, la priorità assoluta è mantenere la pervietà del dotto arterioso tramite infusione di prostaglandine E1, consentendo il flusso sanguigno verso i polmoni in presenza di atresia o ipoplasia critica del tratto di efflusso destro. Il supporto ventilatorio, il monitoraggio intensivo e la correzione delle alterazioni metaboliche (acidosi, ipoglicemia, disionie) sono spesso necessari per la stabilizzazione del paziente. In caso di restrizione significativa del flusso interatriale, può essere indicata una settostomia atriale con palloncino o una dilatazione del forame ovale per migliorare il mescolamento ematico.
La strategia chirurgica è generalmente articolata in più fasi, analogamente a quanto avviene per la sindrome del cuore sinistro ipoplasico. Il primo tempo è rappresentato da un intervento palliativo precoce, quale la shunt sistemico-polmonare (es. shunt di Blalock-Taussig modificato), la stentizzazione del dotto arterioso o, in casi selezionati, la connessione di una delle arterie polmonari direttamente all’aorta ascendente (shunt centrale). Queste procedure hanno lo scopo di garantire un flusso polmonare adeguato nei primi mesi di vita.
In seguito, si pianifica una palliazione univentricolare in due tempi: la circolazione di Glenn (anastomosi tra vena cava superiore e arteria polmonare destra) intorno ai 4-6 mesi di età, e successivamente la circolazione di Fontan (connessione della vena cava inferiore al circolo polmonare), tipicamente tra i 2 e i 4 anni. Questi interventi consentono al sangue venoso sistemico di raggiungere i polmoni bypassando il cuore destro ipoplasico, affidando il lavoro di pompa principale al ventricolo sinistro.
La prognosi della HRHS è strettamente correlata all’anatomia residua, alla precocità della diagnosi e al successo delle correzioni chirurgiche sequenziali. La sopravvivenza a 5 e 10 anni dopo completamento della circolazione di Fontan è progressivamente migliorata grazie ai progressi chirurgici e di terapia intensiva, ma la qualità di vita può essere limitata dalla comparsa di complicanze a medio-lungo termine: disfunzione ventricolare, aritmie, ipertensione venosa polmonare, protein-losing enteropathy, complicanze tromboemboliche e rischio di insufficienza d’organo.
Un follow-up multidisciplinare è indispensabile per monitorare la funzione cardiaca, la saturazione sistemica, la crescita e lo sviluppo neuropsicomotorio, intervenendo precocemente in caso di complicanze o necessità di ulteriori procedure interventistiche.
La sindrome del cuore destro ipoplasico (HRHS) è gravata da un elevato rischio di complicanze, sia nel decorso naturale non trattato che nel follow-up a lungo termine dopo le correzioni palliative o definitive. La prognosi dipende fortemente dall’anatomia iniziale, dal successo degli interventi chirurgici, dall’età alla correzione e dalla presenza di anomalie associate.
Nel decorso naturale non trattato, le complicanze più gravi comprendono l’ipossia sistemica ingravescente, la rapida insorgenza di insufficienza cardiaca e il rischio di collasso emodinamico alla chiusura spontanea del dotto arterioso o alla restrizione delle comunicazioni interatriali. Nei primi giorni di vita possono insorgere acidosi metabolica severa, danno multiorgano, infezioni respiratorie gravi e morte improvvisa se non viene instaurata una terapia adeguata.
Dopo correzione chirurgica palliativa o circolazione di Fontan, il rischio di complicanze rimane significativo anche a distanza. Tra le principali si annoverano:
La gestione delle complicanze richiede una sorveglianza costante e un follow-up multidisciplinare. Interventi tempestivi su aritmie, disfunzione d’organo, problemi nutrizionali o tromboembolici sono fondamentali per migliorare la sopravvivenza e la qualità di vita dei pazienti.