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Cardiopatie Ischemiche
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ACCERTAMENTI PER LA DETERMINAZIONE
DELL'INFARTO
L'
infarto
miocardico acuto (IMA) si caratterizza per una prolugata
ischemia che
determina necrosi del miocardio che, se il paziente sopravvivr si
risolve poi con esiti cicatriziali fibrotici
Il tessuto necrotico, funzionalemente incompetente, non presenta
potenziale di membrane, è dunque depolarizzato e causa anomalie
bioelettrice
visualizzabili all’ECG.
ELETTROCARDIOGRAMMA
(ECG)
Le alterazioni
elettrocardiografiche (ECG) consistono fondamentalmente in
slivellamento del
tratto ST, inversione dell’onda T e presenza di onda Q patologica.
Alterazioni
del tratto ST: sono dovute alla mancanza di potenziale a
riposo nelle aree necrotiche, ma anche alla riduzione del potenziale
riposo nelle aree ischemiche non ancora necrotiche.
L’assenza o la
riduzione del potenziale a riposo determina un passaggio di corrente
dalle aree sane a quelle a minor potenziale (corrente lesionale) con
uno spostamento del tratto ST che appare slivellato rispetto alla
isoelettrica.
Nell’infarto transmurale si ha un sovraslivellamento
mentre in quello sottoendocardico sottoslivellamento.
Con la
risoluzione dell’ostruzione coronarica e la fine dell’episodio
ischemico o infartuale il tratto ST torna alla isoelettrica.
Inversione
dell’onda T: in condizioni fisiologiche all'ECG l’onda T è
positiva
ed esprime la ripolarizzazione ventricolare, con vettore elettrico
diretto dall’endocardio al pericardico. Nella necrosi mancano i
potenziali negativi endocavitari con assenza del vettore e si verifica
una inversione dell’onda T.
Le alterazioni dell’onda T permangono anche
ad infarto risolto.
Onda Q di
necrosi: l’onda Q nell’ECG normale è la prima deflessione
della
isoelettrica e
corrisponde alla fase di depolarizzazione ventricolare che va dal
ventricolo destro al sinistro passando per il setto.
In presenza di
necrosi, il tessuto, elettricamente inerte, permette la trasmissione
all’esterno dei potenziali negativi endocavitari con approfondimento
del Q comparsa dell’onda Q di necrosi che per essere significativa deve
avere durata di almeno 0.04 secondi ed ampiezza pari a 2/3 dell’onda R.
La presenza dell’onda Q consente anche di localizzare la posizione
dell’infarto in sede:
- Inferiore:
derivazioni D2 DE aVF;
- Settale:
derivazioni V1 e V2;
- Laterale:
derivazioni D1 aVL V5 e V6;
- Anteriore:
derivazioni V1 V2 V3 e V4 (se molto esteso tutte le
precordiali) + D1 aVL;
- Posteriore:
l'onda Q di necrosi non si vede perhcè è dietro e
mascherata ma ci sono R alte e
sottoslivellamento ST.
INDICI
DI NECROSI MIOCARDICA
Con la necrosi del tessuto cardiaco i miocardiociti rilasciano in
circolo il loro contenuto e si riscontra dunque la loro presenza. Il
loro dosaggio
dosaggio è fondamentale per la diagnosi e per la determinazione
dell'estensione della necrosi e della gravitò del danno.
I principali
indici
di necrosi caridaca sono:
Creatin
Chinasi (CK):
Come tutte le cellule muscolari i miocardiociti posseggono la creatin
chinasi (CK) che catalizza la reazione reversibile creatina ATP
fosfocreatina ADP. La CK non specifica si innalza già a partire dalle
6, raggiunge il suo picco massimo in 24 ore e si normalizza i 3-4
giorni ma si innalza anche in molte altre condizioni patologiche
muscolari ed anche dopo iniezione intramuscolo di analgesici.
CK MB: è
la creatin chinasi specifica del miocardio, essendo presente quasi
esclusivamente nei miocardiociti, i suoi livelli sierici si innalzano a
partire da 4 ore dall’infarto miocardico, raggiungono un picco nelle 24
ore si normalizzano entro 2 giorni. L’aumento della CK MB è’ fortemente
indicativo di infarto miocardico benchè un lieve suo aumento lo si
possa avere anche in altre condizioni come la polidermatomiosite.
Ancora più specifico è il rapporto tra le due isoforme della CK MB: la
CK MB viene liberata dai miocardiociti come isoforma 2 che nel plasma
viene trasformata i CK MB1. Un rapporto tra CK MB1 e CK MB 2 inferiore
ad 1,5 è indicativo di infarto miocardico.
Troponine
cardiache: le troponine (I, T e C) sono proteine
regolatrici che
controllano
l’interazione calcio-mediata di actina e miosina, di queste la TnI e la
TnT hanno isoforme specifiche per i cardiomiociti che compaiono già a
due ore dall’episodio infartuale, raggiungono il picco in 24-48 ore e
perdurano fino a 10 giorni. Tuttavia le troponine possono aumentare
anche per altre condizioni patologiche sia cardiovascolari che
extravascolari, per cui un rialzo delle troponine in assenza di segni
clinici ed elettrocardiografici è più verosimilmente dovuto ad altre
cause.
Mioglobina:
la mioglobina, proteina respiratoria dei muscoli, si innalza in
condizioni di necrosi muscolare oltre che cardiaca anche scheletrica,
benchè poco specifico è utile in quanto è il più precoce degli indici
di necrosi comparendo già ad un ora dall’episodio infartuale ma
scompare presto normalizzandosi in 24 ore dalla cessazione
dell’infarto.
Lattico
deidrogenasi (LDH):
la lattico deidrogenasi è un altro enzima che si libera in caso
di infarto miocardico ma è poco specifico innalzandosi in un’ampia
varietà di patologia (oltre che muscolari anche anemia emolitica),
compare più tardivamente e perdura più a lungo.
ALTRI
ACCERTAMENTI
L’
ecocardiogramma
consente di identificare la presenza di aree
ipocinetiche ed acinetiche e di valutare la funzione sistolica e
diastolica globale.
La
scintigrafia
evidenza aree di ridotta captazione dovute alla
necrosi, non offre però la possibilità di distinguere tra necrosi in
atto ed esiti fibrotici.
Risolto l'episodio infartuale acuto è d'obbligo indagare sulle cause
per eliminarle se possibile, ed è necessario lo
studio
della circolazione coronarica alla ricerca di eventali
stenosi da risolvere.