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Ipertensione Maligna

L’ipertensione maligna è una forma rara ma estremamente grave di ipertensione arteriosa, con una prevalenza di circa l’1% tra i pazienti ipertesi. Si caratterizza per un aumento rapido e sostenuto della pressione arteriosa, con valori persistentemente superiori a 180 mmHg per la sistolica e 120 mmHg per la diastolica, simili a quelli riscontrati nelle crisi ipertensive non complicate. Tuttavia, l’ipertensione maligna è particolarmente pericolosa perché porta rapidamente a **danni d’organo irreversibili** e aumenta notevolmente il rischio di crisi ipertensive complicate.

Patogenesi e Meccanismi Fisiopatologici

La patogenesi dell’ipertensione maligna non è del tutto chiara, ma si ritiene che coinvolga una combinazione di attori genetici, neuroormonali e vascolari. Studi suggeriscono che alcune mutazioni genetiche possano portare a un’eccessiva attivazione del sistema renina-angiotensina-aldosterone (RAAS), con conseguente iperproduzione di aldosterone e renina.
Questo provoca vasocostrizione sistemica e ritenzione di sodio e acqua, con un aumento progressivo della pressione arteriosa. L’aumento cronico dei valori pressori innesca danno endoteliale e disfunzione microvascolare, che si manifesta con:


Manifestazioni Cliniche

L’ipertensione maligna può colpire diversi organi bersaglio, determinando un quadro clinico variegato. I sintomi più comuni derivano dall’aumentata pressione idrostatica nei capillari e dalla conseguente disfunzione degli organi colpiti:


L’ipertensione maligna è fortemente associata al rischio di crisi ipertensive complicate, che si verificano quando la pressione arteriosa eccessivamente elevata porta a danni d’organo acuti.

Le complicanze più temibili includono:



Trattamento dell’Ipertensione Maligna

Il trattamento dell’ipertensione maligna è aggressivo ma controllato, con l’obiettivo di abbassare la pressione arteriosa senza causare ipoperfusione. Il target terapeutico iniziale prevede una riduzione della pressione diastolica a 95-110 mmHg nelle prime 24-48 ore.
L'approccio terapeutico varia a secondo della presenza o meno di danno d'organo acuto.
In caso di emergenza ipertensiva (danno d’organo acuto) si utilizzano farmaci per via parenterale quali il Sodio nitroprussiato, un potente vasodilatatore per il controllo rapido della pressione; il Fenoldopam, vasodilatatore selettivo (agonista D1), utile nei pazienti con insufficienza renale; il Labetalolo, efficace nel ridurre la pressione senza eccessiva tachicardia riflessa e la Nicardipina, calcio-antagonista a lunga durata d’azione, utile nei pazienti con danno cerebrale.
In caso di urgenza ipertensiva (senza danno d’organo acuto) si possono utilizzare farmaci orali quali ACE-inibitori e sartani per ridurre il carico pressorio renale;Beta-bloccanti per il controllo della risposta adrenergica eCalcio-antagonisti per ridurre la resistenza vascolare periferica.

Conclusione

L’ipertensione maligna è una condizione ad elevata mortalità se non trattata tempestivamente. Il suo riconoscimento precoce e la gestione aggressiva ma controllata della pressione arteriosa sono fondamentali per prevenire danni d’organo irreversibili. L’approccio terapeutico deve essere personalizzato, con particolare attenzione all’equilibrio tra riduzione della pressione e mantenimento di una perfusione adeguata agli organi vitali.

    Bibliografia
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