Nel paziente iperteso, i vasi sanguigni sono sottoposti a uno stress emodinamico cronico che determina una serie di modificazioni strutturali e funzionali, alterando progressivamente la loro capacità di adattamento ai cambiamenti pressori.
Le alterazioni istologiche principali che si osservano nei vasi dei pazienti ipertesi comprendono:
Ipertrofia della tonaca media: L’aumento della pressione arteriosa stimola la proliferazione delle cellule muscolari lisce, con un conseguente ispessimento della parete vascolare. Questo meccanismo è un tentativo di adattamento per contenere la tensione parietale, ma comporta una progressiva riduzione del lume vascolare e un aumento delle resistenze periferiche.
Fibrosi e deposito di matrice extracellulare: L’ipertensione induce un’eccessiva deposizione di collagene e proteoglicani nella parete vascolare, riducendo l’elasticità arteriosa e aumentando la rigidità dei vasi.
Rimodellamento arteriolare: Le piccole arterie e arteriole subiscono un restringimento concentrico a causa della riduzione del lume e dell'ispessimento della parete, fenomeno che peggiora il flusso sanguigno ai tessuti periferici.
Perdita di elasticità: L’accumulo di materiale fibroso e la degenerazione delle fibre elastiche compromettono la capacità dei vasi di rispondere ai normali cambiamenti della pressione arteriosa, aumentando il postcarico cardiaco.
L’ipertensione non altera solo la struttura dei vasi, ma anche la loro funzionalità. Le principali conseguenze fisiopatologiche includono:
Alterata autoregolazione del flusso sanguigno: L’ipertensione cronica sposta verso l’alto la soglia di autoregolazione vascolare, rendendo i vasi meno capaci di rispondere a variazioni improvvise di pressione. Questo aumenta il rischio di ipoperfusione in caso di riduzione della pressione arteriosa.
Ridotta vasodilatazione endotelio-dipendente: La disfunzione endoteliale porta a una diminuzione della produzione di ossido nitrico (NO), compromettendo la capacità dei vasi di dilatarsi adeguatamente.
Aumento della rigidità arteriosa: La ridotta elasticità dei vasi porta a un aumento dell’onda di ritorno sistolica, contribuendo all’incremento della pressione arteriosa sistolica e al carico di lavoro del cuore.
Le alterazioni vascolari dell’ipertensione contribuiscono direttamente a eventi ischemici ed emorragici. In particolare:
Formazione di microaneurismi: La debolezza parietale nei piccoli vasi, dovuta all’aumento cronico della pressione e alla degenerazione delle fibre elastiche, può determinare la formazione di **microaneurismi** (Charcot-Bouchard), che sono a rischio di rottura e sanguinamento.
Aumentata suscettibilità ai traumi: Nei pazienti ipertesi, i vasi irrigiditi sono meno capaci di assorbire le forze meccaniche, aumentando il rischio di emorragie in seguito a traumi anche minori, soprattutto negli anziani.
Necrosi fibrinoide: Nelle forme più gravi di ipertensione, in particolare nell’**ipertensione maligna**, si possono osservare lesioni di necrosi fibrinoide della parete arteriolare, con perdita di integrità vascolare e rischio di danno d’organo.
Aterosclerosi accelerata: L’ipertensione favorisce il danno endoteliale e accelera la progressione delle placche aterosclerotiche, aumentando il rischio di eventi trombotici e ischemici.
Le complicanze vascolari più gravi si verificano nei seguenti distretti:
Cervello: ictus ischemico (trombosi, embolia) e ictus emorragico (rottura di microaneurismi).
Cuore: cardiopatia ischemica, infarto del miocardio, angina instabile.
Le complicanze vascolari dell’ipertensione richiedono un attento monitoraggio della pressione arteriosa e una gestione mirata dei fattori di rischio per prevenire danni d’organo irreversibili.
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