La stenosi aortica è una patologia valvolare caratterizzata da un restringimento dell’orifizio valvolare aortico, che determina un ostacolo al flusso ematico in uscita dal ventricolo sinistro verso l’aorta durante la sistole. Questo impedimento alla normale eiezione del sangue comporta un sovraccarico pressorio a monte della valvola, cioè nel ventricolo sinistro, con conseguenze emodinamiche e strutturali progressive a carico del cuore e, nei casi più avanzati, dell’intero sistema cardiovascolare.
Eziologia, patogenesi e fisiopatologia
La stenosi aortica può essere congenita o acquisita. Le forme acquisite sono le più frequenti e riconoscono tre principali cause:
Degenerazione fibrocalcifica senile: è la causa prevalente nei paesi industrializzati, soprattutto nei soggetti oltre i 65–70 anni. Consiste in un processo di calcificazione attiva delle cuspidi valvolari, a decorso progressivo, che comporta perdita di mobilità e riduzione dell’orifizio valvolare. È spesso considerata una forma di “aterosclerosi valvolare”.
Valvola aortica bicuspide: rappresenta la più comune anomalia congenita valvolare, presente nel 1–2% della popolazione. Predispone precocemente a stenosi valvolare per turbolenze ematiche e maggior stress meccanico sui lembi, con inizio dei sintomi già in età adulta (40–60 anni).
Malattia reumatica: oggi rara nei paesi occidentali, ma ancora diffusa in alcune aree del mondo, determina fusione commissurale, retrazione dei lembi e calcificazioni secondarie.
Altre cause meno frequenti includono: stenosi post-endocarditica, displasia valvolare congenita, malattia di Paget, insufficienza renale cronica con iperparatiroidismo secondario (che favorisce calcificazioni valvolari), esposizione a radioterapia toracica.
Il restringimento dell’orifizio valvolare aortico determina un ostacolo fisso all’eiezione sistolica, con aumento del gradiente pressorio tra ventricolo sinistro e aorta. Questo sovraccarico pressorio induce un processo adattativo inizialmente compensatorio, rappresentato dall’ipertrofia concentrica del ventricolo sinistro.
L’ipertrofia è dovuta all’aumento delle miofibrille disposte in parallelo, che consente di mantenere la portata sistolica e la pressione aortica nonostante l’ostacolo. Tuttavia, nel tempo, questa risposta adattativa evolve in una disfunzione diastolica, con ridotta compliance ventricolare e difficoltà di riempimento.
Le conseguenze fisiopatologiche principali comprendono:
Aumento della pressione di riempimento: l’atrio sinistro deve esercitare maggiore pressione per superare la ridotta compliance ventricolare, con conseguente aumento della pressione atriale e, a ritroso, della pressione polmonare;
Riduzione della riserva coronarica: il miocardio ipertrofico richiede maggior ossigeno, ma la perfusione coronarica è ridotta per accorciamento della diastole, ridotta pressione diastolica aortica e compressione intramiocardica delle coronarie subendocardiche;
Ischemia subendocardica: anche in assenza di coronaropatia ostruttiva, il mismatch tra richiesta e offerta di ossigeno può causare angina;
Progressiva disfunzione sistolica: nei casi avanzati, il ventricolo non riesce più a mantenere una gittata efficace, con riduzione della frazione di eiezione e comparsa di scompenso.
La stenosi aortica è in genere una condizione progressiva: il graduale aumento della calcificazione porta a una progressiva riduzione dell’area valvolare e incremento del gradiente transvalvolare. La comparsa di sintomi in un paziente precedentemente asintomatico segna un cambiamento drastico della prognosi e impone una valutazione per trattamento chirurgico o transcatetere.
Manifestazioni Cliniche
La stenosi aortica ha spesso un decorso silente per molti anni, fino alla comparsa della sintomatologia che segna una svolta prognostica negativa. Una volta insorti, i sintomi indicano una compromissione emodinamica e richiedono una valutazione per l’intervento valvolare.
La classica triade sintomatica include:
Angina pectoris: può insorgere anche in assenza di coronaropatia, per ischemia subendocardica legata al mismatch tra domanda e offerta di ossigeno. L’angina è presente nel 30–40% dei pazienti sintomatici.
Sincope: tipicamente da sforzo, per inadeguata risposta della gittata cardiaca alla vasodilatazione periferica o per aritmie e disfunzione sistolica acuta. È presente nel 15–20% dei pazienti.
Dispnea da sforzo: riflette la comparsa di scompenso diastolico o sistolico con aumento della pressione capillare polmonare. È il sintomo più frequente e tardivo.
Altri segni clinici includono astenia, ortopnea, dispnea parossistica notturna e, nelle fasi avanzate, segni di bassa portata come cianosi periferica, ipotensione e oliguria.
I reperti obiettivi possono essere molto indicativi:
Polso parvus et tardus: polso carotideo piccolo, ritardato e a bassa ampiezza;
Fremito sistolico: apprezzabile al II spazio intercostale destro e alla carotide;
Itto puntale: sostenuto, localizzato nel V spazio intercostale sulla linea emiclaveare, spesso associato a spostamento inferiore nei casi avanzati;
Soffio mesosistolico a diamante: rude, a massima intensità a metà sistole, irradiato ai vasi del collo e spesso udibile anche all’apice (fenomeno di Gallavardin);
Sdoppiamento paradosso del II tono: per ritardata chiusura della valvola aortica;
Click di apertura valvolare: presente nelle forme moderate con valvole ancora mobili.
In alcuni pazienti con coesistente insufficienza aortica si apprezza anche un soffio diastolico decrescente.
Diagnosi e accertamenti
L’approccio diagnostico alla stenosi aortica prevede una valutazione clinico-strumentale
L'ECG nelle fasi iniziali può essere normale, mentre nei casi più avanzati evidenzia segni di ipertrofia ventricolare sinistra (onda R aumentata in V5–V6, onda S profonda in V1–V2, indice di Sokolow-Lyon >35 mm), alterazioni della ripolarizzazione (sottoslivellamento ST, T negativa) e talora aritmie.
LaRadiografia del torace nelle forme lievi può risultare normale; nelle forme avanzate evidenzia cardiomegalia da ipertrofia, calcificazioni valvolari e segni di ipertensione polmonare.
Ecocardiografia transtoracica: rappresenta l’esame cardine per la diagnosi e il follow-up e consente di:
Valutare spessore e mobilità delle cuspidi, presenza di calcificazioni, aspetto cupoliforme in sistole;
Calcolare la velocità transvalvolare (mediante Doppler continuo), da cui si derivano:
Gradiente medio: pressione media tra ventricolo e aorta durante la sistole;
Area valvolare aortica (AVA): ottenuta con l’equazione di continuità;
Indice di contrattilità (stroke volume index): utile nei pazienti con bassa gittata.
In base all’area valvolare si distinguono:
Stenosi lieve: AVA >1,5 cm2, gradiente medio <25 mmHg;
Moderata: AVA 1–1,5 cm2, gradiente 25–40 mmHg;
Severa: AVA <1 cm2, gradiente >40 mmHg o velocità >4 m/s.
In caso di discordanza tra sintomi e parametri ecocardiografici, si ricorre all’ecostress con dobutamina (per valutare stenosi a bassa portata, bassa gradiente con FE ridotta) oppure alla RMN cardiaca (per valutare fibrosi miocardica) o alla TAC multislice per quantificare il calcio valvolare (score di Agatston).
Cateterismo cardiaco: riservato alla valutazione coronarica preoperatoria o nei casi dubbi, consente la misurazione diretta del gradiente transvalvolare e della pressione polmonare. È spesso associato a coronarografia per identificare coronaropatia concomitante.
Trattamento e prognosi
La gestione terapeutica della stenosi aortica dipende da gravità anatomica, presenza di sintomi e funzione ventricolare sinistra. L’unico trattamento risolutivo è la sostituzione valvolare.
Nei pazienti asintomatici con stenosi lieve o moderata, è indicato un follow-up ecocardiografico periodico:
Ogni 3–5 anni se AVA >1,5 cm2;
Ogni 1–2 anni se AVA tra 1 e 1,5 cm2;
Ogni 6–12 mesi se AVA <1 cm2 senza sintomi.
La comparsa di sintomi, anche in presenza di funzione sistolica conservata, rappresenta un’indicazione assoluta all’intervento. I criteri ACC/AHA e ESC indicano sostituzione valvolare (classe I) in presenza di:
Stenosi severa (AVA <1 cm2 o gradiente >40 mmHg) con sintomi;
Stenosi severa in pazienti asintomatici ma con FE <50% o test da sforzo positivo (ipotensione, dispnea);
Stenosi severa in candidati ad altri interventi cardiaci (es. bypass coronarico).
Tipi di trattamento interventistico:
Sostituzione valvolare chirurgica (SAVR): standard in pazienti a basso e medio rischio chirurgico;
Impianto valvolare transcatetere (TAVI): indicato in pazienti ad alto rischio chirurgico o inoperabili. Oggi indicato anche in pazienti a basso rischio in centri con esperienza, secondo dati degli studi PARTNER 3 e EVOLUT Low Risk;
Valvuloplastica aortica percutanea: solo come ponte nei pazienti instabili in attesa di TAVI/SAVR.
Terapia medica: non esistono farmaci in grado di modificare la progressione della stenosi. È utile trattare comorbidità (ipertensione, dislipidemia) e, in caso di scompenso, usare diuretici con cautela. I nitrati sono controindicati per rischio di ipotensione severa.
Complicanze
Le principali complicanze della stenosi aortica sono:
Insufficienza cardiaca congestizia, da disfunzione diastolica o sistolica;
Ischemia miocardica, anche senza coronaropatia ostruttiva;
Sincope e morte improvvisa, da ridotta gittata, aritmie ventricolari o blocchi atrioventricolari;
Endocardite infettiva, più frequente nei portatori di valvola calcifica;
Emolisi nei pazienti con valvola meccanica o rigurgito paravalvolare dopo impianto;
Disfunzione della protesi valvolare (stenosi o rigurgito protesico, endocardite, trombosi).
Bibliografia
Otto CM et al. 2020 ACC/AHA Guideline for the Management of Patients With Valvular Heart Disease. J Am Coll Cardiol. 2021;77(4):e25–e197.
Vahanian A et al. 2021 ESC/EACTS Guidelines for the management of valvular heart disease. Eur Heart J. 2022;43(7):561–632.
Lancellotti P et al. Pathophysiology of aortic stenosis. Curr Probl Cardiol. 2018;43(10):388–400.