Sono alterazioni dell’emostasi caratterizzate da un aumentato rischio
di trombosi e dovute ad ipercoaguabilità per difetti dei fattori della
coagulazione e/o degli inibitori della coagulazione.
La trombosi
è la formazione di masse solide denominate appunto trombi, occludenti
parzialmente o totalmente il lume vasale, dovute ad un’attivazione
inopportuna della coagulazione.
L’inopportuna attivazione della coagulazione può essere dovuta oltre
che ad ipergoagualbilita anche a lesioni endoteliali, stasi ematica,
turbolenza di flusso ed iperviscosità ematica.
I trombi possono formarsi sia livello arterioso che venoso.
I trombi di tipo arterioso
sono di tipo fibrinico (terapia preventiva con anticoagulanti), quando
occludono il lume arterioso determinano ischemia con infarto del
distretto colpito.
I trombi di tipo venoso
sono di tipo piastrinici (terapia preventiva con antiaggreganti) e
possono interessare sia il distretto venoso superficiale che profondo.
Quando occludono il lume venoso determinano edema ed ipossia stagnante.
Il trombo o parte di esso possono staccarsi ed embolizzare a distanza
andando ad altri vasi.
L’aumentato rischio trombotico per ipercoaguabilità dovuta
primariamente a difetti propri del processo coagulativo vengono
definite trombofilie o stati trombofilici e possono essere congenite o
acquisite.
FATTORE
V DI LEIDEN
Tra gli stati trombofilici congeniti il più frequente è la trombofilia
da Fattore
V di Leiden, causata da una mutazione, a trasmissione
autosomica dominante, a carico del fattore V che acquisisce resistenza
all’inattivazione da parte della proteina C.
Il fattore V di Leiden risulta quindi maggiormente attivo rispetto ai
fattori V normali e comporta un aumento della trasformazione di
protrombina in trombina e conseguente ipercoaguabilità.
Il rischio trombotico è aumentato da 5 a 10 volte negli eterozigoti e
da 50-100 volte negli omozigoti.
Le indagini di laboratorio
prevedono l’esecuzione di un test di screening chiamato test della
resistenza alla proteina C attivata (aPTT con aggiunta di proteina C
attivata purificata) ed in seconda battuta metodiche di biologia
molecolare per la ricerca della mutazione del gene per il fattore V.
ECCESSO DI PROTROMBINA
Seconda trombofilia congenita per frequenza è quella legata a mutazione del
promoter per il gene del fattore II (protrombina) con
guadagno di funzione e trascrizione abnorme del gene del fattore II con
produzione di una maggiore quantità di protrombina disponibile per la
trasformazione in trombina e quindi ipercoaguabilità.
DEFICIT
DI ANTITROMBINA
Altre condizione che determina un incremento della trombina è il deficit di
antitrombina (incidenza del 0,2%) da cui consegue un
mancato allontanamento della trombina dal plasma, a cui si aggiunge la
persistenza in circolo anche di altri fattori attivati. Ne consegue
ipercoaguabilità ed aumentato rischio trombotico.
L’antitrombina infatti, a dispetto del nome, interagisce praticamente
con tutta la cascata coagulativa, ed essendo in grado di inibire tutti
i fattori attivati ad eccezione del VIIa, possiede da sola il 75% del
potere anticoagulante del sangue.
DEFICIT
DEL SISTEMA DELLA PROTEINA C
Altro sistema plasmatico anticoagulante del plasma è rappresentato del sistema della
proteina C che agisce sinergicamente con la proteina S e
la trombomodulina per inattivare i fattori V ed VIII. Alterazioni
quantitative e/o qualitative a carico di uno di questi componenti
determinano persistenza in circolo dei fattori attivati FVa e FVIIIa
con ipercoaguabilità.
IPEROMOCISTEINEMIA
Altra patologia congenita con attivazione abnorme della cascata
coagulativa è l’iperomocisteinemia,
patologia congenita a trasmissione autosomica recessiva, del
metabolismo proteico caratterizzata da un incremento dei livelli
plasmatici di omomocisteina.
L’omocisteina è una aminoiacido solforato derivato dal metabolismo
della metionina che può essere convertito in cisteina (necessita B12) o
rimetilata in metionina (necessita B12 ed ac. folico).
Oltre ad essere congenita può per tanto essere acquisita in seguito ad
eccesso di proteine o carenza da B12 e/o ac. folico ma alche altre
condizioni patologiche quali diabete, alcolismo, insufficienza renale
psoriasi e tumori di vario tipo.
L’eccesso di omocisteina
determina alterazione endoteliale con addensamento dell’intima, aumento
dell’attività del fattore tissutale endoteliale e disfunzione
endoteliale, aumento del turnover piastrinico con attivazione
piastrinica, attivazione leucocitaria ed ossidazione delle LDL con
formazione di cellule schiumose e proliferazione delle fibrocellule
muscolari lisce (aterosclerosi precoce).
La forma congenita
eterozigotica ha una prevalenza del 5% nella popolazione generale, è
subdola con livelli plasmatici di omocisteina che aumentato
progressivamente nel tempo e danno manifestazioni trombotiche nell’età
adulta, raramente in quella pediatrica.
La forma congenita omozigotica è grave con livelli di omocisteina molto
elevati già dall’infanzia con presenza di omocisteina anche nelle urine
(omocisteinuria) e manifestazioni trombotiche maggiori quali infarto,
ictus, trombosi venose profonde ed embolia polmonare già durante
l’infanzia.
Le forme acquisite
presentano segni e sintomi della patologia di base responsabile
dell’iperomocisteinemia e manifestazioni trombotiche di frequenza e
gravità variabile e proporzionali all’entità della iperomocisteinemia e
alla sua durata nel tempo.
ALTRE
TROMBOFILIE ACQUISITE
Altre trombofilie acquisite possono associarsi a patologia di tipo
autoimmune, prevalentemente LES e sindrome da anticorpi
antifosfolipidi, per la presenza di autoanticorpi dirette contro le
proteine plasmatiche, patologie di tipo mieloproliferativo,
prevalentemente trombicitemia essenziale e policitemia vera, patologie
metaboliche, soprattutto obesità e patologie tumorali, assunzione di
farmaci, soprattutto estroprogestinici, ma anche condizioni
fisiologiche quali gravidanza e senilità.