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Diabete Mellito
Il
diabete è una condizione clinica caratterizzata da
iperglicemia (aumento del glucosio ematico).
Il livelli di glucosio nel sangue aumentano dopo un pasto e tornano nella media, per via dell’incremento della produzione insulinica pancreatica in circa 2 ore.
Motivo per cui si valuta sia la glicemia a digiuno che post prandiale (prova da carico).
Per valutare la glicemia post prandiale si utilizza il test di
carico orale di glucosio: al mattino al digiuno si fanno ssumere al paziente 75 g di glucosio (carico orale di glucosio) e si misura la glicemia sia prima della assunzione del carico sia a distanza di 2 ore.
Sono normali livelli di:
- Glicemia a digiuno inferiori a 100 mg/dl
- Glicemia post prandiale inferiore a 140 mg/dl
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La glicemia normale è chiamata anche euglicemia.
Il limite superiore della glicemia normale non corrisponde al limite inferiore per il diabete, superare i 100 mg/dl di glicemia a digiuno e di 140 mg/dl dopo carico non vuol dire avere il diabete. I limiti per il diabete sono leggermente più alti.
Si pone diagnosi di diabete per riscontro di almeno uno tra livelli di:
- Glicemia a digiuno superiore a1 126 mg/dl
- Glicemia post prandiale superiore a 200 mg/dl
- Glicemia occasionale2 superiore a 200 mg/dl
- Il riscontro di glicemia a digiuno superiore a 126 mm/dl una sola volta può essere considerato un caso (ripetere l'esame), ma sono sufficienti due volte secondo le linee guida Americane ed Italiane per porre diagnosi di diabete.
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Per glicemia occasionale si intende una glicemia rilevata occasionalmente, indipendentemente dal pasto.
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Per valori di glicemia intermedi tra normale e diabete una volta si parlava di
pre-diabete, per sottilineare il fatto che pazienti non francamente diabetici ma con glicemia superiore alla norma abbiano un rischio elevato di diventare diabetici in futuro.
Oggi il termine pre-diabete è in disuso e si parla di
alterata glicemia a digiuno per valori intermedi tra normale e diabete di glicemia a digiuno (tra
91 e 125 mg/dl), e di
intollerenza al glucosio per valori intermedi tra normale e diabete di glicemia post prandiale (
tra 141 e 199 mg/dl).
Ricapitolando in base ai livelli di glicemia a digiuno o dopo carico distinguiamo, normale, alterata glicemia a diguno, intollerenza al glucosio e diabete.
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Glicemia a Digiuno |
Glicemia Post-Carico |
≤ 100 |
101-125 |
≥ 126 |
≤ 140 |
141-199 |
≥ 200 |
Normale (necessaire entrambe) |
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Alterata Glicemia a Digiuno |
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Intolleranza al glucosio |
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Diabete (almeno uno tra) |
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I soggeti con alterata glicemia a digiuno e/o intolleranza al glucosio hanno un maggior rischio cardiovascolare rispetto alla popolazione euglicemica ed una probabilità di circa il 30% di sviluppare diabete in 10 anni.
Per alterazioni lievi della glicemia sia a digiuno che post prandiale, è possibile il ritorno ad una condizione euglicemica solo con il cambio delle abitutdini di vita: dieta corretta, attività sportiva e perdita di peso (se necessario).
Esistono due principali tipi di diabete mellito:
- Diabete mellito di tipo I: chiamato anche giovanile perché si presenta in epoca giovanile la cui genesi è dovuta ad una distruzione immunomediata delle cellule B delle insule pancreatiche che producono insulina
- Diabete mellito di tipo II: chiamato anche alimentare o dell’adulto, si verifica in epoca più tardiva, riconosce una predisposizione genetica ma è influenzato anche da fattori alimentari soprattutto dietetici, si caratterizza per la presenza di insulinoresistenza e poi anche insulinodeficenza. Inizialmente abbiamo una insulinorestinza, il che vuol dire che l’insulina c’è ma non riesce a svolgere la sua azione a livello dei tessuti periferici per alterazioni recettoriali. Iniaizlmente quindi si ha una iperglicemia iperinsulinemica. La presenza di iperglicemia stimola il pancreas ad incrementare la produzione di insulina per abbassare i livelli di glucosio nel sangue con un incremento dei livelli di insulina che aggravano l’insulino resistenza. Con il passare del tempo le cellule betapancreatiche, sia per esaurimento funzionale da superlavoro che per glucotossicità e si instaura anche carenza insulinica.
Ci sono poi altre forme di diabete, correlate ad altre patologie endocrine che possono essere temporanee o meno.
Ad esempio un eccesso di
corticosteroidi può interferire con il metabolismo e le funzioni dell’insulina: possiamo quindi avere il diabete come effetto collaterale di terapie steoridee prolungate, in corso del Cushing o nella gravidanza.
Il diabete che si verifica in gravidanza è chiamato
diabete gestazionale, si tratta più aggressivamente degli altri per evitare danni al feto, in genere si risolve al termine della gravidanza, ma le donne che hanno avuto il diabete gestazionale hanno una elevata probabilità di sviluppare diabete mellito in futuro ed è opportuno che facciano dei controlli glicemici periodici.
Possono determinare diabete anche
patologie pancreatiche (l’insulina è prodotta dal pancreas), altre patologie che interferiscono con il metabolismo energetico come l’ipertiroidismo ed il feocromocitoma, alcuna infezioni come CMV e rosolia ed alcune sindromi geneitche.
In ogni tipo diabete c’è una condizione di aumentata glicemia plasmatica con difficoltà di utilizzo del glucosio da parte dei tessuti periferici, nonostante la sua abbondanza.
Il mancato ingresso del glucosio all’interno delle cellule determina delle alterazioni dei metabolismi energetici che coinvolgono oltre quello degli zuccheri anche quelli di grassi e proteine.
L’eccesso di glucosio nel sangue determina causa danni a livello dei vasi ed anche dei nervi, ha un effetto disidratante dovuto al suo potere osmotico ed interferisce con struttura e funzione di altre macromolecole soprattutto attraverso la loro glicosilazione.
Nel diabete mellito di tipo I, per l’assenza dell’insulina, questi effetti sono più pronunciati, la sintomatologia è più evidente e precoce, sono più frequenti le complicanze sia acute che croniche.
Nel diabete di tipo II un minimo di produzione insulinica, almeno inizialmente, è conservata, ed i suddetti effetti sono ridotti tanto da non dare alcun fastidio almeno negli stadi iniziali.
Il diabete di tipo II per modiche elevazioni della glicemia è asintomatico e può passare inosservato.
I primi sintomi a comparire sono correlati all’effetto osmotico e disidratante dell’iperglecemia che determina
polidipsia (aumento della sete),
poliuria (fare pipì molto spesso) e
nicturia (alzarsi continuamente di notte per fare pipì).
Nei bambini si può avere anche
enuresi (pipì a letto)
La polidispisa, è un meccanismo compensatorio della iperosmolartità plasmatica, si aumenta l’introito dei liquidi per tentare di diluire il sangue e di contrastare la disidratazione.
Nei soggetti anziani la polidipsia può mancare per alterazione del senso della seta e si fanno più evidenti disidratazione ed ipotensione.
Con l’eccessiva diuresi oltre ai liquidi vengono persi anche gli ioni solubilizzati in acqua con alterazione dell’
equilibrio acido-base e del
bilancio idroelettrolitico.
Come noto tali alterazioni influiscono sulla
conduzione nervosa, cardiaca e muscolare, per alterazioni lievi non si riscontrano manifestazioni cliniche ma si possono rilevare lievi anomalie agli accertamenti elettrofisiologici (EMG, ECG, EEG): per alterazioni notevoli si hanno manifestazioni muscolari cardiache e nervose e si può arrivare fino al coma che non sono però considerate manifestazioni cliniche del diabete ma complicanze, per lo più di tipo acuto come il coma iperglicemico iperosmolare.
La carenza di insulina determina uno
stato ipercatabolico con aumento della lipolisi e della proteolisi che si traduce in riduzione della massa muscolare e del tessuto adiposo con
perdita di peso, astenia e debolezza. Nei soggetti affetti da diabete mellito di tipo II con concomitante obesità e/o sindrome metabolica la perdita di tessuto adiposo e di peso sono assenti, ma permangono comunque riduzione della massa magra con astenia e debolezza e si sommano segni e sintomi dell’obesità e/o della sindrome metabolica ed aumenta notevolmente il rischio cardiovascolare.
Le alterazioni metaboliche sono dovute invece alla mancata utilizzazione del glucosio a scopo metabolico, che viene sostituito da altri substrati, soprattutto ac. grassi.
Quando il glucosio non è sufficiente vengono utilizzati a scopo energetico gli ac. grassi (
β-ossidazione).
Il prodotto finale della glicolisi è il piruvato che può essere trasformato in ossalato e Acetil-CoA che entrano nel cilco di Krebs.
La beta ossidazione dei grassi da origine invece al solo Acetil-CoA che può entrare nel ciclo di Krebs ma non al ossalato. Acetil-CoA in eccesso prende un'altra via metabolica che porta alla formazione di
chetoni, con sviluppo di iperchetonemia che può condurre a
chetoacidosi diabetica, altra complicanza del diabete.
Per quanto riguarda gli effetti dannosi della iperglicemia su vasi e nervi, precedentemente accennati, determinano delle alterazioni note come
microangiopatia diabetica,
macroangiopatia diabetica e
neuropatia diabetica, che sono considerate complicanze croniche del diabete e si verificano dopo molti anni di iperglicemia (da 10 anni in poi generalmente), soprattutto nei soggetti diabetici mal scompensati, poco aderenti alla terapia in cui i livelli di glicemia non sono controllati.