La leucemia
linfatica cronica (LCL) è una patologia linfoproliferativa dovuta a trasformazione
neoplastica di
cellule staminali già commissionate per la linfopoiesi con
conservazione della
capacità differenziativa ed accumulo nel midollo osseo, in circolo e
negli
organi linfoidi di linfociti maturi.
Nel 95% dei
casi si tratta di linfociti B. Il restante 5% dei casi sono di origine
T-linfocitaria
e presentano maggiore aggressività con sopravvivenza media di 2 anni e
scarsa
risposta alla terapia.
Ha
predilezione per la razza bianca e per gli anziani con una età media di
insorgenza
di 63 anni, è rara tra i 30 ed i 40 anni e pressochè inesistente sotto
i 30
anni.
Sembra
indipendente da fattori leucemogeni per nessuno dei quali e stata
dimostrata
una correlazione eziologica certa.
I linofociti
che si accumulano in circolo sono scarsamente proliferanti ma
presentano una
vita media molto lunga (aumentata espressione del bcl-2 con
soppressione
dell’apoptosi) e sono funzionalmente incompetenti.
Le manifestazioni
cliniche sono molto eterogenee. L’esordio
è variabile con presentazione clinica che va da asintomatica (circa il
30%), con riscontro casuale ad analisi eseguite per altri motivi, ad
imponente, con
segni e sintomi dello scompenso mieloide.
Nella maggior parte dei casi, tuttavia,
esordisce con linfoadenomegalia di tutte le stazioni linfonodali
superficiali
che si presentano tumefatte, di consistenza molle, mobili sui piani
sottostanti, non tendenti alla confluenza ed alla fistolizzazione.
Spesso si
associano anche epatomegalia e/o splenomegalia e sintomi generici quali
astenia, febbre e perdita di peso.
All’esame
del sangue è sempre presente linfocitosi periferica con
linfociti piccoli e
fragili, tendenti alla rottura nello striscio. Ad essa si possono
associare ipogammaglobulinemia,
dovuta a scarsa produzione di immunoglobuline, anemia, di solito
normocromica e normocitica, piastrinopenia generalmente lieve,
incremento
dell’uricemia, delle transaminasi sieriche e della fosfatasi alcalina.
Cardini
diagnostici sono linfocitosi periferica > 5.000/mm3,
infiltrazione midollare superiore al 30% e pattern immunofenotipico di
membrana
linfocitario.
Il primo
parametro prognostico è lo stadio clinico.
Vi sono due differenti
sistemi di stadiazione, il sistema di Rai (1975) ed il sistema di Binet
(1977)
.
I fattori
che maggiormente influenzano la prognosi sono oltre, la linfocitosi e
l’infiltrazione midollare, il coinvolgimento di linfonodi, fegato,
milza e la
presenza di anemia e piastrinopenia.
Sulla base
di questi fattori sono state proposte le classificazioni per stadiare
la leucemia linfatica cronica:
Stadio
2: 0
+ epatosplenomegalia, indipendentemente da linfoadenomegalia
Stadio
3: 0
+ anemia indipendentemente da epato-spleno-linfoadenomegalia
Stadio
4: 0
+ trombocitopenia indipendentemente da aniemia ed
epato spleno linfoadenomegalia.
CLASSIFICAZIONE BINNET
Stadio
A:
linfocitosi con meno di 3 aree linfatiche coinvolte in assenza di
anemia e
trombocitopenia
Stadio
B:
linfocitosi con più di 3 aree linfatiche coinvolte in assenza di anemia
e
trombocitopenia
Stadio
C:
linfocitosi conanemia
e/o
trombocitopenia indipendentemente dal numero di aree coinvolte.
Pazienti a
basso rischio sono quelli rientrano nello stadio A bi Binnet e nello
stadio 0
di RAI, pazienti a rischio intermedio sono quelli in stadio B di Binnet
e stadi
I e II di RAI, pazienti ad alto rischio quelli in stadio C di Binnet e
in
stadio III e IV di RAI.
Nei pazienti
con malattia limitata e indolente viene fatto solo il follow-up per
evidenziare
un incremento dei leucociti.
La terapia farmacologica
si basa su agenti alchilanti a cicli più
predisonici; flucarabina(soprattutto nei
giovani); polichemioterapia; in casi selezionati trapianto di midollo.
In casi
specifici anche splenomegalia e terapia radiante.