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TURBE DEL RITMO


Le turbe del ritmo sono condizioni patologiche in cui il normale ritmo sinusale cardiaco è alterato.
Sono sostenute da alterazioni del sistema di conduzione del cuore.
Possono far parte di quadri patologici più complessi ed essere associate ad altre patologie cardiache (miocardiopatia ipertrofica o dilatativa, disfunzioni valvolare) o extracardiaca (ipotiroidismo, alterazioni idroelettrolitiche …) o ancora essere indipendenti e rappresentare un quadro patologico a se stante.

In condizioni fisiologiche il ritmo cardiaco di base è compreso tra 60 e 100 battiti al minuto e la normale conduzione presenta con all’ECG presenza di ciclo cardiaco inferiore a 0,16 secondi con onda P (espressione dell’attività sinusale) inferiore a 120ms, QRS (espressione dell’attività ventricolare) inferiore a 100ms ed intervallo PR inferiore a 200ms.
In presenza di alterazioni di questi parametri si hanno turbe del ritmo.
Le turbe del ritmo possono essere stabili (cioè sempre presenti) o parossistiche (si verificano episodicamente).

Il normale ECG è in grado di cogliere le alterazioni parossistiche sono in corso di episodi, essendo del tutto normale nelle condizioni interepisodiche per la valutazione delle alterazioni parossistiche si ricorre quindi altre indagini elettrocardiografiche come il monitoraggio delle 24h (Holter) o l’esecuzione di ECG sotto stress (es. ECG da sforzo).

Le aritmie possono essere grossolanamente divise in tachicardie con ritmo superiore a 100 battiti al minuto, bradicardie con ritmo inferiore ai 60 battiti al minuto, extrasistolie caratterizzate dall’insorgenza di batti ectopici.


TACHICARDIA


Si definisce tachicardia l’alterazione del ritmo caratterizzata della presenza di più di 100 battiti al minuto.
In base alla durata della tachicardia e alle modalità di presentazione e risoluzione si distingue in:
  • Tachicardia non sostenuta: quando ha durata inferiore ai 30 secondi senza compromissione emodinamica;
  • Tachicardia sostenuta: quando dura più di 30 secondi o anche meno ma con compromissione dell’emodinamica;
  • Tachicardia incessante: quando è presente per più del 10% delle 24h;
  • Tachicardia iterativa: quando sono presenti frequenti episodi di tachicardia brevi, a rapida successione intervallati da periodi sinusali;
  • Tachicardia parossistica: quando ha inizio e fine improvvisi.

La tachicardia può insorgere in seguito a differenti meccanismi patogenetici in base ai quali vengono distinte in:
  • Tachicardia da rientro: sostenuta da un circuito di due regioni (indicate come A e B a scopo di rendere più chiara la spiegazione) a differenti caratteristiche di conduzione connesse tra loro ciclicamente di cui una (A) presenta un blocco della conduzione anterograda, la porzione funzionale (B) trasmette l’impulso a quella bloccata (A) ove si propaga in senso retrogrado e va a stimolare nuovamente la via funzionale (B) che viene così ad essere eccitata di nuovo ed il ciclo ricomincia.
  • Tachicardia da aumentato automatismo: le cellule del sistema del conduzione cardiaco sono dotate di automatismo e possono assumere la funzione di pacemaker dominante generando impulsi più rapidi del nodo del seno che vanno a sostenere l’attività contrattile. L’aumentato automatismo si verifica in seguito a numerosi stimoli di tipo catecolaminergico, ipossico, elettrolitico, meccanico (stiramento e compressione) o farmacologico.
  • Tachicardia da aumentata eccitabilità: si ha una post depolarizzazione precoce generalmente sostenuta da aumento della durata del potenziale d’azione per accumulo di calcio intracellulare con cellule che sono maggiormente eccitabili e propagano l’impulso più velocemente.

Le tachicardia vengono distinte in relazione all’origine dell’impulso in due grandi classi: le tachicardie ventricolari e sopraventricolari, ciascuna delle quali divisa in numerose alrri sottotipi (vedi pagine deguenti).
in sopraventricolari e ventricolari.
Le tachicardie sopraventricolari sono sostenute da alterazioni a carico del nodo del seno, del tessuto di conduzione atriale e del nodo atrioventricolari.
Le tachicardie ventricolari sono sostenute da alterazioni a carico del sistema di conduzione ventricolare, spesso presentano sintomatologia manifesta e sono generalmente più gravi di quelle atriali.


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