TACHICARDIA DA RIENTRO DEL NODO ATRIO VENTRICOLARE
Si definisce tachicardia
da rientro del nodo atrio ventricolare il
patologico aumento della frequenza dovuto alla presenza di un circuito
di rientro formato dalla connessioni tra il nodo atrioventricolare ed
il tessuto di conduzione atriale, con rapporto AV di 1:1 e
frequenza
compresa tra 150 e 250
battiti al minuto.
Tali connessioni sono dovute alla presenza di una via lenta con periodo
refrattario breve (α) ed una veloce con periodo refrattario più lungo
(β).
Il cortocircuito tra α e β può verificarsi sia in senso orario che
antiorario e si distinguono per tanto due forme:
Comune: il
cortocircuito si realizza con
conduzione anterograda
attraverso la via lenta (α) e retrograda attraverso la via veloce (β);
all’ECG l’onda P è mascherata all’interno del complesso QRS ed il PR è
allungato
Non comune: il
circuito è inverso con
conduzione anterograda nella via
rapida (β) e retrograda in quella lenta (α); all’ECG l’onda P è
negativa e notevolmente distanziata da QRS con intervallo RP maggiore
dell’intervallo PR.
La tachicardia da rientro del nodo
atrioventricolare può esitare in
sincope, insufficienza cardiaca ed edema polmonare acuto.
Nell’80% dei casi recede con l’aumento della pressione arteriosa con
somministrazione di fenilefrina, talora basta anche un semplice
massaggio carotideo che stimola meccanicamente i recettori del glomo.
In caso di insuccesso si ricorre a cardioversione farmacologica, se il
paziente si scompensa si può effettuare la cardioversione elettrica.
TACHICARDIA
DA RIENTRO ATRIO VENTRICOLARE
Si definisce tachicardia
da rientro atrio ventricolare il patologico
aumento della frequenza cardiaca sostenuta da un circuito di rientro
atrio ventricolare costituito dalla presenza di una via accessoria
(fascio di Kent)
che connette a ponte atrio e ventricolo by passando il
nodo atrio ventricolare; trattasi generalmente di tachicardie
parossistiche a frequenza compresa tra 140 e 280 battiti
con rapporto
AV 1:1.
In relazione alle caratteristiche della via accessoria e del tipo di
circuito di rientro si distinguono la Tachicardia da rientro atrio ventricolare con via accessoria manifesta (nota anche come Sindrome di Wolf Parkins White), Tachicardia da rientro atrioventricolare con via accessoria lenta (tipo Coumel), Tachicardia da rientro atrioventricolare con via accessoria atrio fascicolare (tipo Mahaim).
Tachicardia
da rientro atrio ventricolare
con via accessoria
manifesta (Sindrome di Wolf Parkins White): causata
generalmente da
coinvolgimento anterogrado del nodo atrio ventricolare e retrogrado del
fascio accessorio a conduzione rapida (tipo ortrodromico), più
raramente da coinvolgimento anterogrado del fascio accessorio. (forma
antidromica). All’ECG
si evidenzia nella forma ortrodromica si
evidenzia QRS stretto con onda P ritardata dopo il QRS e con tratto PR
> RP; nella forma anterograde si evidenzia riduzione del PR
corto, presenza di onde delta (slargamento del QRS maggiore di
120msec), cui possono associarsi anomalie della ripolarizzazione
(tratto ST ed onta T). talora sono presenti anche alterazioni
tachicardiche dell’atrio con flutter o fibrillazione.
Tachicardia
da rientro atrioventricolare
con via accessoria lenta
(tipo Coumel): nel circuito di rientro la via anterograda
è formata dal
sistema di conduzione nodale e dal miocardio e le via retrograda da un
fascio accessorio sito nella regione parasettale posteriore a
conduzione lenta e decrementale simil nodale. Si differenzia dalle
altre forme perché non è parossistica ma incessante o iterativa. Le
alterazioni dell'tracciato ECG
consistono tratto RP >PR ed
onde P negative nelle derivazioni inferiori.
Tachicardia
da rientro atrioventricolare
con via accessoria atrio
fascicolare (tipo Mahaim): il fascio di Mahaim è un fascio
accessorio
affiancato al fascio di Kent, con caratteristiche conduttive simili al
nodo atrioventricolare, con caratteristiche elettrocardiografiche tipo
blocco di branca sinistro.
Nelle forme parossistiche lievi si possono utilizzare β bloccanti o
calcio antagonisti che rallentano la conduzione accessoria e aumentano
quella nodale, in quelle più severe o persistenti si ricorre alla
cardioversione farmacologica, in caso di fallimento della
cardioversione è possibile l’ablazione chirurgica del fascio
accessorio.
TACHICARDIA
GIUNZIONALE NON PAROSSISTICA
Si definisce tachicardia
giunzionale non parossistica un incremento
patologico costante della frequenza cardiaca dovuto ad aumento
dell’automatismo della giunzione atrioventricolare, generalmente
sostenuto da un focus sito sul fascio di His, la frequenza non supera i
15 battiti al minuto, possono verificarsi anche dissociazione AV e
diffusione retrograda all’atrio; la morfologia del QRS è normale,
talvolta si può avere anche inversione dell’onda T.