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del Miocardio
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MIOCARDIOPATIA IPERTROFICA
La
miocardiopatia ipertrofica è una condizione patologica
caratterizzata da una proliferazione asimmetrica e disorganizzata della
muscolatura cardiaca, in assenza di dilatazione, che determina
un’aumentata contrattilità del miocardio, associata ad aumento della
frazione di eiezione e rapido svuotamento ventricolare, ed una
riduzione della cavità ventricolare, associata a diminuito riempimento
diastolico.
Nella maggior parte dei casi è ereditaria, a trasmissione autosomica
dominante, determinata da mutazioni a carico dei geni della Catena β
della miosina cardiaca, troponina T ed I, tropomiosina e proteina C
legante la miosina.
A differenza delle ipertrofie che si verificano in condizioni di
sovraccarico pressorio (es. ipertrofia miocardica da ipertensione
arteriosa) la miocardiopatia ipertrofica è causata ad alterazioni
proprie del miocardio e non a meccanismi adattativi, quindi non è
correlata all’entità del post carico e l'ipertrofia viene definita per tanto
inappropriata.
Altra differenza con le condizioni di sovraccarico pressorio, è che la
miocardiopatia ipertrofica di norma è
asimmetrica, risparmia
constantemente la parete posteriore e coinvolge principalmente la
parete settale, talvolta anche quella anterolaterale. In sezione
trasversa la cavità ventricolare assume un caratteristico aspetto a
banana per via dell’ipertrofia settale.
L’ipertrofia determina un aumento dello spessore della parete
ventricolare, che in assenza di dilatazione si accresce verso l’interno
riducendo il volume della cavità ventricolare.
L’incremento dello spessore settale verso l’interno determina un
restringimento della zona d’efflusso del ventricolo sinistro che può
determinare quadri di
ostruzione dinamica all’efflusso ventricolare di
grado variabile.
L’ostruzione dinamica all’efflusso, unitamente all'aumento della
velocità del sangue, determina una suzione dei lembi mitralici verso il
setto durante la sistole (chiamato
SAM) che contribuisce al grado di
ostruzione ed è sia effetto che causa dell’ostruzione.
Altra caratteristica della miocardiopatia ipertrofica e la
disorganizzazione della proliferazione miocardica con anomalie della
struttura, dell’orientamento e della distribuzione delle fibre
(dissaray o
disarrangiamento).
Il ventricolo così conformato non riesce a sostenere una adeguata
funzione ne diastolica ne sistolica.
La funzione
sistolica è compromessa della presenza del gradiente
interventricolare generato dalla obliterazione di cavità e
dell’ostacolo all’efflusso.
La funzione
diastolica è compromessa per alterato riempimento
ventricolare dovuto alla riduzione della cavità ventricolare e
all’alterato rilasciamento della muscolatura ipertrofica con ridotta
compliance della parete.
L’incremento dei valori pressori ventricolari determina a ritroso anche
un aumento della pressione in atrio sx. e nella circolazione polmonare.
Inoltre il miocardio ipertrofico necessita di maggior apporto di
ossigeno ed è maggiormente suscettibile ad eventi di tipo ischemico.
Le
manifestazioni cliniche sono variabili con da quadri asintomatici ad
altri fortemente invalidanti.
I pazienti spesso, soprattutto nelle fasi iniziali di malattia sono
asintomatici.
Il primo sintomo a comparire di norma è la dispnea da sforzo, dapprima
per sforzi intensi poi lievi ed infine anche a riposo, spesso associata
ad astenia e facile affaticabilità.
Nella metà dei casi è presente
anche angina da sforzo per aumentata richiesta di ossigeno da parte del
miocardio ipertrofico.
In circa il 20% dei pazienti si presentano anche episodi sincopali e
lipotimici dovuti a collasso emodinamico generato da concomitanti
aritmie, da ostruzione o da alterata regolazione periferica del sistema
nervoso autonomo.
La complicanza più temibile è la morte improvvisa per episodi ischemici
o elettrici.
Obiettivamente si reperta polso celere, itto puntale intenso o doppio,
talvolta triplo, soffio mesotelesistolico mesocardico esacerbantesi con
la manovra di valsava da ostruzione dinamica ed IV tono da incremento
della forza di contrazione atriale. In presenza di concomitante
insufficienza mitralica si reperta anche soffio da rigurgito mitralico.
All’
ECG si evidenziano a livello ventricolare alterazioni di polarità
opposta di QRS, ST e T, espressione del sovraccarico sistolico, onde Q
di pseudonecrosi, quali espressioni dell’ipertrofia settale, onte T
negative, isolate e giganti espressione di ipertrofia apicale. A questi
si aggiungo segni di dilatazione atriale (onda P) ed eventuali
alterazioni del ritmo associati, meglio evidenziabili con l’Holter che
spesso mostra presenza di tachiaritmie ventricolari e
sopraventricolari.
L'
ecocardiogramma consente di valutare la morfologia, i volumi e le
dimensioni delle camere cardiache e di evidenziare l’ipertrofia antero
settale e di quantificarla.
Secondo Maron, in base all'entità dell'ipertrofia, si distinguono 4 tipi di
miocardiopatia ipertrofca:
- Miocardiopatia ipertrofica di Tipo I: l'ipetrofia interessa il 25% del setto anteriore;
- Miocardiopatia ipertrofica di Tipo II: l'ipertrofia è estesa a tutto il setto
anteriore;
- Miocardiopatia ipertrofica di Tipo III: l'ipertrofia è estesa a tutto il setto ed alla parete anterolaterale (65% dei casi è la
più frequente);
- Miocardiopatia ipertrofica di Tipo IV: l'ipertrofia interessa solo l’apice.
Con l’integrazione Doppler è
possibile indentificare e quantificare i gradienti interventricolare e
subaortico e valutare l’eventuale concomitanza di insufficienza
mitralica.
Il
trattamento della miocardiopatia ipertrofica prevede, a seconda dei
casi terapia medica e/o chirurgica ed eventuale impianto di PM in caso
di concomitanti aritmie significative, spesso associate alla
miocardiopatia ipertrofica.
La terapia medica è utile per deprimire l’eccessiva contrattilità
miocardica riducendo così il consumo di ossigeno e prevenire l’aumento
del gradiente e migliorare il rilasciamento.
A tale scopo si
somministrano β bloccanti, amiodarone, verapamile e diltiazem.
In casi
di importanti ipertrofie si può ricorrere all’ablazione del tessuto
ipertrofico mediante alcolizzazione del ramo settale o mediante
miomectomia settale per via trans aortica o trans ventricolare.
Nei casi con importante rigurgito mitralico è necessario intervenire
chirurgicamente per correggere anche il difetto valvolare (generalmente
sostituzione della valvola).
Nei casi più gravi si rende necessario il ricorso al trapianto.