Il termine depressione deriva dal verbo latino deprimere (premere giù, abbassare) e richiama il senso di oppressione, schiacciamento, affondamento. Oggi è largamente entrato nel linguaggio comune, ma spesso viene impropriamente utilizzato come sinonimo di tristezza. In ambito medico, invece, rappresenta una vera e propria patologia psichiatrica, spesso altamente invalidante, che nelle forme più gravi può condurre al suicidio.
La depressione si manifesta con un abbassamento patologico del tono dell’umore che compromette il funzionamento generale della personalità, rallentando i processi cognitivi, motivazionali e comportamentali. È una malattia psicogena che può colpire qualsiasi fascia d’età e rappresenta il disturbo più frequente tra le alterazioni dell’umore.
Nei casi più lievi, la diagnosi può essere difficile, poiché la linea di demarcazione tra depressione clinica e un normale abbassamento dell’umore in risposta a eventi negativi della vita (come un lutto) è spesso sottile. La valutazione diagnostica è di stretta competenza psichiatrica e si basa sui criteri del DSM (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders) redatto dalla American Psychiatric Association.
Elemento distintivo delle sindromi depressive è il ripetersi nel tempo di episodi depressivi, che si distinguono in episodi depressivi maggiori ed episodi depressivi minori. Il primo si riscontra nei disturbi depressivi maggiori, nel disturbo distimico e nei disturbi bipolari di tipo I e II (anche se può essere assente nel tipo II). Il secondo, invece, è tipico dei disturbi depressivi minori e presenta una sintomatologia sovrapponibile, ma con un grado di menomazione funzionale inferiore.
Il trattamento è di competenza specialistica e si basa sulla combinazione di terapia farmacologica e psicoterapia, con percorsi psicologici strutturati e mirati. In alcuni casi, possono essere affiancati interventi integrativi come la musicoterapia o la Pet Therapy, che prevedono rispettivamente l’impiego terapeutico della musica e la relazione con animali da affezione.
L'elettroshock (terapia elettroconvulsivante), un tempo molto utilizzato, è oggi riservato a casi estremamente gravi e viene praticato da pochi specialisti. In ambito sperimentale, si stanno sviluppando nuove tecniche come la Vagus Nerve Stimulation, una forma di stimolazione elettrica del nervo vago mediante un piccolo dispositivo impiantato, simile a un pacemaker, che invia impulsi regolari con finalità antidepressive.